Porto, porta di accesso a Termoli
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Lo scalo portuale deve essere non solo funzionale, ma pure bello costituendo un biglietto da visita per chi proviene dal mare. Deve essere bello anche per gli abitanti stessi essendo un luogo, se adeguatamente ripensato, dove trascorrere il tempo libero.
Termoli ha una notevole presenza di terreni demaniali, molto superiore a quella di qualsiasi altro comune molisano nei quali l’unica superficie di proprietà del Demanio, se c’è, è quella tratturale che è stata sfruttata, quando ricade in zona urbana, per vari scopi, dalla caserma di carabinieri a Pescolanciano agli impianti sportivi a Campodipietra alla scuola a Codacchi e così via. Oggi il tratturo è diventato intoccabile mentre le aree di proprietà pubbliche termolesi rimangono disponibili per ospitare funzioni collettive, destinazione che permetterebbe di valorizzare suoli che appaiono poco utilizzati e, di conseguenza, poco curati.
Si tratta delle spiagge che d’inverno potrebbero diventare spazi per il tempo libero, particolarmente attraenti perché vicine al mare, del sedime ferroviario a seguito dello spostamento in progetto dei binari il quale va evitato che si trasformi in un vuoto urbano e, infine, del porto dove in altre città marittime sono presenti attrezzature per lo svago. La zona portuale è particolarmente importante per la sua centralità collocata com’è a ridosso del Borgo Antico, raggiungibile facilmente per una passeggiata (il cui percorso andrà regolamentato) sulla banchina dal quartiere otto-novecentesco che con la presenza del Municipio, del Vescovato e della Stazione è il cuore dell’agglomerato insediativo.
C’è stato un esperimento qualche anno fa di installazione nel periodo estivo di un Lunapark a ridosso della darsena. Il porto a questi fini si dovrebbe liberare del parcheggio e ciò potrà avvenire qualora si realizzasse quello previsto sotto la adiacente piazza S. Antonio che è un’opera, però, contestata. Si tratta, in effetti, di un intervento forte che ha i caratteri dell’irreversibilità e della mancanza di flessibilità per eventuali usi alternativi nell’ipotesi, mettiamo, di un allontanamento totale delle auto dal perimetro cittadino con l’affidamento degli spostamenti al trasporto collettivo.
L’immagine dell’area portuale allo stato attuale è connotata da “funzionalismo”, ed è priva, salvo la nuova sede della Capitaneria di Porto, di strutture con qualità architettoniche; così come la sua organizzazione spaziale è rispondente a esigenze funzionali l’edificato è improntato ad uno stretto utilitarismo. In altri campi delle comunicazioni, quelle ferroviarie e quelle aeree, gli scali progettati di recente hanno dignità estetica, siano essi stazioni o aeroporti, e ciò comincia a verificarsi pure per quelle navali, vedi il porto di Salerno.
Il porto è una porta, per dirla con un gioco di parole, della città per quanti vi giungono provenienti dalle Tremiti o dalle isole della Croazia mediante il moderno traghetto cofinanziato dalla Regione, per cui è una sorta di biglietto da visita esibito ai turisti; a proposito del turismo un segmento ancora inesplorato qui da noi è quello dell’ittioturismo fatto dagli appassionati di pesca che si imbarcano sui pescherecci che numerosi sono in rada a Termoli. Il porto è formato da una parte, diciamo, solida, i moli e la banchina e da una parte liquida, la darsena.
Quest’ultima di per se stessa, a differenza della porzione “costruita” del porto che richiede un’azione incisiva di maquillage per essere attraente, è fin da ora un elemento qualificante del paesaggio urbano potendo essere intesa come una piazza acquatica sulla quale affacciano sia il centro storico rialzato rispetto alla quota del bacino sia, al di sopra dell’alto muraglione che segnava il limite della terraferma fino agli anni 60 del XX secolo, la schiera di costruzioni signorili che inizia da via Cairoli.
Una piazza, dunque, con fronti diverse, a seconda dei lati, la cui uniformità sta nell’essere ribassata rispetto alle porzioni di abitato che prospettano su di essa e di essere circondata per metà circa da muri. Si potrebbe obiettare, lo si ammette, che le sue pareti sono delle murazioni e non le facciate delle case come si conviene ad una piazza. L’idea, perché ideale è tale piazza, viene, comunque, suggerita dalla forma a quadrilatero del bacino portuale contornato, parzialmente, da superfici verticali, naturali e no, con un ampio spazio libero all’interno pavimentato con l’acqua.
Per essere gradevole questa presenza è necessario che vengano eliminati tutti i fattori di disturbo connessi ad una cattiva gestione della darsena, dagli odori ai rumori. Sarebbe stato meglio avere vicino a casa il mare aperto, ma il porto è ormai un fatto acquisito e la proposta di lettura, dal punto di vista figurativo, quale piazza è finalizzata a dargli gradevolezza. Non si insiste ulteriormente su questa interpretazione del bacino di carenaggio come piazza che non è originale in sé stessa, bensì che deriva dall’originalità del nostro porto di essere collocato pressoché dentro la città.
C’è, poi, che le dimensioni della realtà portuale termolese sono contenute, rapportabili a quelle di un piazzale, seppure enorme. Che il porto sia intimamente connesso con l’insediamento urbano è, in qualche modo, dimostrato dalla circostanza che fino a un poco oltre un decennio fa l’unica via di accesso è stata quella che attraversa l’abitato cittadino, in verità una serie di vie, non un tragitto diretto, sovrapponendosi le percorrenze per gli imbarchi agli spostamenti quotidiani casa-lavoro, cioè al traffico cittadino e ciò, di certo, non giovava né alle une né all’altro.
Si è pensato così di dotare l’attrezzatura portuale di un’autonoma via di comunicazione, mancando ancora una riflessione sulla auspicabile congiunzione della stessa con lo scalo ferroviario, anche in vista di una sua nuova collocazione per la quale è in corso un serrato dibattito. Sul treno viaggiano i turisti, tanti dei quali hanno come destinazione le Tremiti, e le merci, i prodotti ittici, e anche di ciò va tenuto conto nelle decisioni da assumere. C’è una questione di fondo che è quella che seppure il porto è così intimamente connesso con la città la sua pianificazione è oggetto di un apposito strumento urbanistico, distinto del PRG comunale. La competenza è dell’Amministrazione regionale la quale, al di là delle prerogative, ha l’obbligo di agire di concerto con l’autorità municipale perché l’assetto del porto specie qui non è una faccenda separata dall’insieme delle problematiche urbane.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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