Villa de Capoa: giardino nella città giardino
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Il Borgo Murattiano è pieno di verde con i suoi viali e piazze alberate. La vegetazione qui innerva il tessuto urbano. La villa comunale, invece, costituisce uno spazio a verde appartato seppure inserito all’interno della città.
Campobasso nella seconda metà dell’800 si dota di nuove attrezzature cittadine, in verità le prime poiché in precedenza non ve ne erano salvo quelle destinate alla giustizia, il tribunale che, come l’alloggiamento delle forze dell’ordine, era in sede impropria con il carcere unica architettura nata per lo scopo cui era destinata, e gli uffici finanziari, tutti simboli di uno Stato che quale suo ruolo primario ha quello di tener sotto controllo la popolazione e le attività economiche.
È con l’Unità d’Italia che comincia nel capoluogo della Provincia a formarsi un’armatura urbana dotandosi esso di funzioni culturali, sia per iniziative di privati come il teatro, sia ad opera dell’amministrazione provinciale, il museo e la biblioteca, commerciali e cioè il mercato di via Palombo, e di infrastrutture innovative, dalla stazione ferroviaria all’impianto per la distribuzione del gas. Vi fu un forte interesse pure per la salute degli abitanti, tanto costruendo il macello e realizzando l’acquedotto, perché l’acqua potabile evita che si diffondano infezioni, quanto allestendo un ospedale attraverso il riattamento del convento di S. Maria delle Grazie.
Questa citazione fatta in ultimo insieme alla questione del trasferimento nel coevo cimitero dei morti dalle chiese dove rischiano di provocare inquinamento del suolo, dunque anche in questo caso per motivi sanitari, ci introduce al tema della Villa De Capoa. I molti ricoverati del nosocomio che è adiacente alla Villa possono godere della vicinanza con la vegetazione e ciò ancora oggi come era allora ritenuto dalla nascente figura del medico igienista di interesse terapeutico.
Per quanto riguarda l’opera cimiteriale il riferimento alla Villa De Capoa è che è anch’essa un’area a verde; il camposanto ha, di certo, valenze pure religiose oltre che igieniche e, perciò, è uno spazio verde particolare in cui si va per contemplare il mistero della morte sublimato dai tanti monumenti che lo adornano (cappelle gentilizie e lapidi commemorative), tanto diverso dal significato che ha Villa De Capoa di luogo per la ricreazione.
In comune i due giardini hanno l’isolamento dal resto dell’aggregato insediativo, più marcato per il cimitero dove per legge è imposta una fascia di rispetto. In Villa De Capoa, in effetti, ciò è nei fatti: i proprietari dei fondi adiacenti non dovettero pensare che fosse vantaggioso edificare residenze ai suoi confini nonostante che tali case avrebbero potuto godere della vista su tale bellezza. L’unico immobile è quello che sorge nell’angolo di superficie che si era riservato la famiglia De Capoa. Bisogna pure dire che se non sono sorte abitazioni non si sono ubicate stalle all’intorno il cui odore molesto avrebbe disturbato il godimento del parco e questa è, forse, la ragione per cui il Comune non diede seguito all’idea contenuta in una proposta ottocentesca di piano regolatore di localizzare nei pressi il foro boario.
Ci si sarebbe immaginato, se non proprio ai bordi della Villa, lo si è detto prima, l’addensarsi nelle zone circostanti di edilizia abitativa prestigiosa ed, invece, il palazzo che si avvicina di più alla Villa è quello denominato INCIS che contiene alloggi per lavoratori ovvero per la piccola borghesia. Quando all’inizio si sono elencate le attrezzature collettive si sarebbe dovuta includere pure la villa comunale. In una realtà qual è il nostro centro l’esigenza del verde non nasce dalla necessità di contrastare l’insalubrità dell’aria causata dalle emissioni industriali come nelle maggiori città, bensì dall’aumento del tempo libero il quale richiede specifici servizi, ad esempio un parco in cui trascorrere piacevolmente dei momenti del dopo lavoro oppure delle ore nelle giornate festive.
Tale esigenza era emersa fin dagli albori del XIX secolo quando si ebbe la fondazione del Borgo Murattiano nel quale erano presenti piazze e viali alberati che assolvevano a un’analoga finalità, quella della passeggiata che diventò un’abitudine per tutti e della sosta seduti su panchine per il riposo tra la vegetazione. Ciò servì pure a favorire la socializzazione, cosa non da poco in un abitato che essendo divenuto la sede della Provincia vide l’immigrazione di molte persone impiegate nei vari uffici istituiti a seguito del nuovo ruolo assunto di capitale amministrativa del Molise.
Gli squares, ai quali sono assimilabili le piazze del nuovo Borgo, erano, comunque, piccoli, molto più piccoli della Villa Comunale. Il passeggio si poteva limitare allo “struscio” serale o trasformarsi in camminate che si concludevano nel cosiddetto belvedere, un posto da cui poter ammirare un panorama piuttosto ampio, in seguito inglobato nella Villa. Il percorso principale della stessa è centrato su tale punto, la terrazza circolare. Si è visto che la Villa Comunale è stata fatta per rispondere alle necessità della società dell’epoca e tale sua natura di strumento, per così dire, sociale è stata confermata nei periodi storici successivi fino ad oggi.
La domanda di superfici a verde attrezzato è cresciuta, sia per l’incremento della popolazione sia per un accresciuto desiderio di spazi all’aperto in cui passare in modo gradevole le ore non lavorative; c’è stato bisogno di un parco di consistente estensione ben superiore alla Villa, quello di Montevairano dove è possibile pure fare il picnic, che, però, non è raggiungibile a piedi dalla città e di una sorta di oasi inserita nell’agglomerato urbano, la Collina Monforte, e dei giardini pubblici per i quartieri periferici, si prenda il Parco di via Lombardia.
Per le medesime ragioni la Villa Comunale si è nel tempo progressivamente ingrandita. È un ampliamento che, ad ogni modo, non ha intaccato l’impianto originario il quale è rimasto invariato. Esso costituisce tuttora lo spazio principale, mentre le aggiunte, le quali sono avvenute lateralmente senza interferire con il nucleo centrale della Villa, possono essere definite spazi secondari; purtroppo, per inciso, quelli che mancano sono gli spazi accessori o gregari, cioè i servizi igienici e una tettoia sotto la quale ripararsi dalla pioggia. Lo sviluppo è consistito nell’affiancamento al giardino storico di strutture per lo sport, i campi da tennis coperti e la piscina.
Sono volumi posizionati su terrazzamenti a quote diverse fra loro e con quello della Villa. La Villa sta sul terrazzo più alto, formato da terreno riportato per mettere il suolo in piano come si conviene in un giardino, e sorretto, evidentemente da muri. La muratura di sostegno in genere ha un andamento continuo e ciò deve aver determinato la forma rettangolare della pianta della Villa, per cui il terreno che ospita le attività sportive appare come una protuberanza, ben distinta visivamente dal cuore della stessa.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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