Un Molise formoso
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Non è che esistano più Molisi, questo è l’unico che abbiamo il quale è attraente perché ricco di forme, dalle alture montuose ai rilievi collinari. È piatto solo in alcuni tratti, ma per ottenere delle curve ovvero delle protuberanze occorre che vi siano delle rientranze in cui la morfologia spiana. Tale andamento mosso rende il paesaggio vario e la varietà, la diversità rendono il nostro territorio interessante.
Non è proprio così, ma si può affermare che da noi l’angolo più ad est, cioè Montenero di Bisaccia (in verità lo è, di poco, Campomarino) è anche il più settentrionale e viceversa che quello più meridionale, Sesto Campano è quello più occidentale (pure in questo caso va aggiunto “all’incirca”). Ci troviamo in un caso sull’Adriatico e nell’altro sul versante tirrenico.
Le temperature, tenendo conto per Montenero di Bisaccia dell’effetto mitigante delle escursioni termiche, dovuto al mare hanno valori simili in questi due punti estremi della regione nonostante il primo stia a nord e il secondo a sud e la spiegazione di ciò è data dal fatto che il Molise è, in definitiva, una fascia, un ambito abbastanza stretto seguendo tale orientamento, quello, per meglio precisare, dei Meridiani. È quella proposto uno dei possibili modi di approcciarsi alla lettura del nostro territorio che se è poco significativo dal punto di vista climatico è interessante in termini puramente geografici in quanto la striscia superiore della regione appare appartenere all’Italia Centrale, mentre quella inferiore al Mezzogiorno; non per niente, per la nostra terra si usa spesso l’espressione “terra di mezzo”.
Dunque secondo il verso che va dall’alto al basso della Penisola noi siamo una zona di transizione. Per quanto può valere, si segnala che nel Molise la mezzeria dell’Italia peninsulare in senso longitudinale, quello dei Paralleli, non coincide con il limite del suolo regionale come succede altrove dove l’Appennino è sulla mediana della nazione perché qui la catena appenninica è spostata verso il Tirreno, cioè, verso ovest per cui non siamo del tutto una regione orientale, qualifica che ci viene attribuita nelle previsioni meteorologiche dell’Aeronautica Militare.
Oltre al rapporto con i punti cardinali vi sono ulteriori differenziazioni territoriali possibili basate queste non sulla posizione (rispetto ai Poli o se ci si colloca a levante o a ponente), bensì sulla configurazione del terreno. Una di esse è quella che porta a distinguere i comprensori in dipendenza dell’essere montagna, pianura o collina suddividendo in fasce la regione, quella appenninica, quella del medio Molise e la piana costiera.
Una prima considerazione è che essendo la superficie regionale piccola sono piccole, di conseguenza ognuna di tali parti; secondo è che esse sono equivalenti per estensione, ma sommando insieme la montagna vera e propria e i rilievi alto collinari ne risulta in base alle classificazioni in uso nella statistica ufficiale per cui ciò che sta sopra i 600 metri è montano, il territorio molisano è prevalentemente montuoso. Quanto detto è valido se rapportato ad altre situazioni regionali nelle quali i caratteri morfologici sono più omogenei, si pensi a quelle che ricadono nella Pianura Padana o alle regioni alpine, tipo il Trentino.
Quello della scala dimensionale ridotta degli elementi che concorrono alla conformazione del Molise è un connotato originale del suo paesaggio il quale presenta una notevole varietà succedendosi in un breve spazio contesti paesaggistici diversissimi, il piatto, la costa, l’ondulato, l’interno e sommitale, quello di altitudine che è sull’Appennino. Potrebbe apparire quanto si è descritto una graduazione costante dell’elevazione del suolo, dai monti al piano e, invece, non è così perché, a prescindere dalla presenza delle conche intermontane, si verificano dei salti altimetrici bruschi tra i massicci montuosi Matese e Mainarde, e la serie dei colli che si sviluppa al centro della regione. Più dolce è la transizione tra quest’ultima e il litorale.
Percettivamente a dominare la scena immaginando il Molise che si rappresenta su una sorta di palcoscenico sono due attori principali, i gruppi montuosi e la striscia litoranea. Sono i segni più decisi fisicamente, uno, le emergenze montane, per la sua elevazione, l’altro, la banda costiera, per la sua piattezza. Entrambe sono figure nette che si distinguono con sicurezza nelle visioni panoramiche. Il pendio lungo e ripido del perimetro lineare che delimita tali monti è una forma molto forte, così come lo è la pressoché (vi è il promontorio su cui sorge Termoli) assoluta rettilineità, margine dell’adriatico, interamente bordato da un nastro sabbioso.
Tanto il fronte montano quanto quello marino si presentano quali “oggetti” unitari e ciò, insieme alla loro geometria estrema, la verticalità che connota i blocchi montuosi e l’orizzontalità della costa attribuisce loro una qualche solennità. Per la teoria di colline che li tiene a debita distanza oppure, se si vuole, che li collega non si può dire altrettanto poiché si presentano come un avvicendarsi confuso di groppe che hanno quote e pendenze differenti, con poche alture che spiccano. Si offre adesso un terzo modo di scandire il nostro territorio in pezzi distinti alternativo ai precedenti, quello per bacini idrografici.
È un criterio efficace per illustrare la geografia del Molise, almeno quanto quello che si è proposto sopra, in quanto ambedue consentono di mettere, metaforicamente, le cose, cioè le componenti del paesaggio, in ordine. È una successione ordinata quella che porta dallo spartiacque appenninico alla fase collinare della regione fino al mare; in maniera da un lato analoga e da un altro divergente, quindi non longitudinalmente, come si è fatto finora, ma trasversalmente, quindi seguendo l’asse corto della superficie regionale riscontriamo la medesima regolarità nella ripartizione del territorio in quanto i corsi d’acqua principali sono equidistanti fra loro.
Pure i bacini pluviali hanno estensione rapportabile, solo che unicamente quello del Biferno è completamente molisano, mentre gli altri due sono in divisione con, il Trigno, l’Abruzzo e, il Fortore, con la Puglia. Non smentisce il discorso il Volturno, è solamente che esso va in direzione opposta sfociando nel mar Tirreno (ci sarebbe, inoltre, il Sangro il quale, però, ci sfiora appena).
In una regione appenninica qual è la nostra, a differenza di quelle alpine dove le grandi montagne sono un qualcosa a sé stante e la pianura, Padana, è indipendente dal resto, vi è un maggior legame tra le zone, seppure geograficamente differenti; per cogliere tale interconnessione è bene seguire l’andamento delle aste fluviali le quali rappresentano il filo conduttore in un racconto del quadro territoriale locale, giocando con tale suggestione, una narrazione fluida, per così dire, essendo dei corpi idrici, con un lieto fine, il Mediterraneo dalle cui onde nacque Venere.
La fiaba (peccato!) si è bruscamente interrotta mezzo secolo fa quando in ognuno dei bacini vennero costruiti gli invasi di Chiauci, Liscione e Occhito, i quali sono dei momenti singolari rispettivamente del Trigno, Biferno e Fortore e con esse ha termine una visione idilliaca del Molise che si trova ad entrare improvvisamente nella modernità.
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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