La teoria del confine che diventa orizzonte
«Come il mare in un bicchiere», il nuovo libro di Chiara Gamberale
Se c’è uno scrittore che ha fatto coincidere, con equilibrio assoluto tra le parti, la vita e l’opera, l’immaginazione e il progetto esecutivo, il distillato della scrittura con quello ancora più denso dell’esistenza, questo scrittore, questa scrittrice è Chiara Gamberale.
La storia della letteratura offre esempi importanti del fenomeno di cui si prova a dire ma mai così puntuali come nel caso della scrittrice molisana. Se in alcuni autori il vivere la vita come se fosse arte, o l’arte come se fosse vita, dà all’osservatore esterno la sensazione di una forzatura artificiosa, di una recita a volte anche ben riuscita. Se in altri, al contrario, le esagerazioni dei comportamenti – conseguenti alla scelta di vivere al di fuori dalle regole seguite dalle persone normali – trasferiscono nell’opera, spesso entusiasmante e ricca di novità finalmente trovate, superficialità e imprecisioni che non sempre restituiscono un senso ben definito. In Chiara Gamberale l’equilibrio viene trovato con una precisione assoluta. Nei suoi libri le esagerazioni del comportamento, persino quelle perdonate, persino quelle così tanto istintive da non poter essere controllate, sono osservate e comprese, non sfuggono. E, sull’altro piatto della bilancia, una bilancia che pesa il tempo e lo spazio, le tensioni della fantasia e della finzione letteraria sono giustificate, a priori o a posteriori – come se il tempo non esistesse – dalle cose che accadono quotidianamente, dagli eventi che si dispiegano sulla linea dell’esistenza di ogni uomo.
In questo nuovo libro, come in tutti i precedenti, Chiara Gamberale si mostra completamente nuda sistemando però – ed è questa la novità – l’”io” sull’io, non più sui personaggi delle storie, estremizzando la sua ricerca di verità e rendendo ancora più denso il risultato della sua indagine. L’idea dell’isola, del confine circolare, delle zone, dei condomini – insomma, gli spazi sempre presenti nei suoi romanzi – diventa qui ancora più ristretto. L’emergenza Covid costringe la scrittrice all’interno della sua casa e riduce il numero degli elementi della famiglia (“famiglia è dove famiglia si fa”). Ma proprio quando questo restringimento-restrizione sembra poter causare soffocamento e provocare nuova sofferenza, il confine si diluisce e diventa orizzonte, si sposta muovendosi insieme all’”io”. Lo spazio si allarga e diventa vivibile. Aumenta la consapevolezza e il desiderio, insieme alle possibilità, di farcela. L’autorizzazione alla fragilità, ma non la resa alle difficoltà conseguenti, cifre caratterizzanti dell’autrice, aiutano il lavoro del diaframma e fanno respirare.
Tutto ciò sarebbe davvero difficile da raccontare, da scrivere, se Chiara Gamberale non avesse portato a compimento il lavoro di definire per se stessa uno stile tanto originale da sembrare posseduto geneticamente. Le frasi si dispongono sulla pagina come se la scrittrice fosse al telefono a raccontarci ciò che accade nella quotidianità, le sue riflessioni, i pensieri immaginati nella mente degli altri. Ma è uno stile alto. Il soggetto alla fine della frase, la punteggiatura che restituisce persino il respiro (e cosa c’è di più attinente alla vita!) sono elementi presi dalla comunicazione di tutti i giorni, danno la sensazione di semplicità estrema… eppure le frasi e le pagine sanno di una lingua alta, ricercata, sofisticata, ricca. C’è un alambicco nel laboratorio di Chiara Gamberale, un tesoro tutto suo, che funziona sempre meglio, di libro in libro, di anno in anno.
«Come il mare in un bicchiere» sembra interrompere, per le evidenti differenze dagli altri, la serie dei romanzi della Gamberale. Ma non è così. È il tassello necessario per tenere insieme il prima e il dopo della sua opera. Sembra addensare – ancora un restringimento – i venti anni precedenti e, nello stesso tempo, preparare l’apertura futura, l’allargamento desiderato verso ciò che sarà la sua vita, quella degli altri, quella dell’universo. Ancora un orizzonte.
Giovanni Petta76 Posts
È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».
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