Restauri da cima a fondo
di Francesco Manfredi-Selvaggi
Una rassegna di interventi di restauri articolata distinguendo quelli che hanno interessato le coperture, in genere i più urgenti, e quelli che riguardano le pareti fino a quelli che hanno investito il basamento con la pavimentazione.
Ovviamente il pericolo maggiore, salvo i terremoti e i cedimenti in fondazione, per un edificio, monumentale o meno, viene dagli agenti atmosferici, specialmente se esso è privo di copertura. In un caso simile la prima cosa da fare, dunque, è dotare l’immobile di una protezione dalla pioggia e dalla neve; va precisato che è un’operazione delicata, ma non impossibile, mentre è più arduo bloccare l’umidità di risalita, spesso impresa vana.
A Campobasso è stato realizzato un tetto provvisorio pur se in cemento armato e, quindi, di carattere duraturo, la cui provvisorietà è denunciata dall’essere ad unica falda e non a capanna, nella chiesa di S. Mercurio, la più antica della città, prototipo dell’architettura romanica molisana con il suo portale costituito da architrave con sovrapposto arco, una chiusura ridondante. Teoricamente sarebbe possibile, in tale stato, officiarvi le funzioni religiose. Invece la copertura, adesso leggera fatta com’è di lamiere, della chiesetta di S. Michele a Roccaravindola poiché ridotta a rudere da tempo immemorabile non è finalizzata a restituirla al culto, alla stessa maniera di quella, pur essa metallica, che copre, parzialmente, i resti di S. Maria delle Monache a Isernia distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Sono ambedue tra le pagine più interessanti dell’architettura contemporanea della regione con il restauro che diventa occasione di espressione progettuale in chiave moderna, cosa che, peraltro, potrebbe apparire paradossale, ma tant’è. La necessità di coprire efficacemente una fabbrica la si ha specialmente se al suo interno vi sono opere di interesse storico-artistico più vulnerabili, se possibile, dell’ossatura muraria agli effetti dell’esposizione all’aria e alle intemperie; tale preoccupazione è forte per le chiese che hanno le volte affrescate come nel caso della parrocchiale di Pettoranello per la quale si è temuto che i dipinti sul soffitto di Raffaele Gioia, pittore del XVIII secolo, potessero venire danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal tetto.
Visto che ci siamo, cioè che stiamo parlando di coperture, accenniamo ad un’altra azione che si fa a questo livello della costruzione, diversa da quella finalizzata alla conservazione dell’opera architettonica, non riguardante la sua parte “piena”, bensì quella “vuota”, il cortile, e che si mette in campo quando si vuole attribuire una diversa destinazione funzionale alla struttura che è la seguente: la messa in opera di una cupola vetrata sulla corte interna per facilitare la visita al museo, di sé stesso nel castello di Gambatesa famoso per le pitture murali delle sue sale, o delle testimonianze archeologiche raccolte nel Sannitico nel capoluogo di regione.
Bisogna, comunque, avere accortezza nella definizione dell’immagine del tetto il quale non va semplificato riconducendo alle due falde ordinarie la complessa articolazione dell’ultimo livello, o meglio degli ultimi due livelli, del palazzo Colagrosso a Bojano, oppure, prevedendo un spesa maggiore, utilizzare per il manto di tegole coppi della tradizione locale e non di tipo industriale come è successo nella riabilitazione del palazzo Piccirilli a S Massimo.
Ci sono tante questioni da discutere relativamente al restauro di monumenti tra le quali, dopo aver trattato lo strato terminale è naturale che si prosegua con quella dello strato basale. I pavimenti delle chiese con le offerte degli emigranti negli anni 50 e 60 sono stati, quelli originari, in maggioranza sostituiti; se ne salvano pochi e tra questi vi è quello della chiesa di San Martino, la parrocchia di S. Vincenzo al Volturno che unito a Castellone darà vita a Castel San Vincenzo.
La perdita di questa componente del nostro patrimonio culturale è potuta verificarsi perché ancora non c’era qui da noi la Soprintendenza e, però, si rileva che anche l’organo di tutela statale ha anteposto l’esigenza di un piano di calpestio non usurato al mantenimento dell’antica pavimentazione, a tratti logorata, e l’esempio più eclatante è la cattedrale di Trivento con l’eliminazione delle lastre tombali dei vescovi consumate dal passaggio dei fedeli.
Nella chiesa di S. Bartolomeo sui cosiddetti “monti” campobassani per volontà dei privati sono state riproposte le mattonelle di argilla di un tempo. La chiesa nuova di S. Vincenzo nella piana di Rocchetta conserva solo un lacerto, ben mantenuto, della preziosa superficie pavimentale di età medioevale in tasselli marmorei. Scendendo ancora più giù ci si imbatte nelle tracce dei preesistenti edifici di culto nelle cattedrali di Venafro e di Bojano con l’esecuzione di sottostrutture per renderle visitabili al pari delle cripte che qui non vi sono (non vi sono nelle città di pianura); è la quota alla quale a Lucito nella chiesa madre è presente la cella sepolcrale dei sacerdoti, posti a sedere su un sedile di pietra vestiti dei loro abiti talari, visibile dal presbiterio tramite un oblò fisso collocato lì durante i lavori di restauro, scelta non condivisa da alcuni.
Il pavimento delle chiese è stato considerato dalle direttive soprintendili una specie di piano neutro per cui si è rifuggiti dal conferirvi un particolare disegno come si sarebbe voluto fare mediante la raccolta di offerte nel santuario della Madonna di Bisaccia a Montenero di Bisaccia. Abbiamo finora posto in rassegna ciò che c’è più in alto, il tetto, e più in basso, il pavimento, ora osserviamo quanto c’è in mezzo, le pareti limitandoci a quelle esterne.
Gli uffici del Ministero per i beni culturali, in sede periferica, almeno quella molisana, sono apparsi addirittura ossessionati dal paramento calcareo a faccia vista tanto da “scorticare” autenticamente molteplici edifici di culto per mettere in luce la muratura lapidea pure se essa era formata da conci irregolari disposti in filari irregolari. È stato tolto l’intonaco financo in facciata, la quale perciò si presenta grezza, nella chiesa di S. Pietro ad Agnone, ad esempio.
È una storia singolare quella del fronte principale della cattedrale di Boiano il quale ha subito una serie di rimaneggiamenti: la Cassa per il Mezzogiorno tra le misure di ristoro per il prelievo delle acque del Biferno inserisce il rivestimento con “sfoglie” di travertino della murazione del prospetto, secondo un gusto modernista, che in precedenza doveva essere intonacato in quanto non in pietra da taglio, soluzione evidentemente posticcia, un mascheramento che viene successivamente rimosso. Non esiste una regola unica, bisogna agire caso per caso senza arrivare a demonizzare i muri con tessitura grossolana: a nessuno verrebbe in mente di ricoprire con intonacatura le cortine murarie della cattedrale di Guardialfiera, un vero e proprio palinsesto di segni che rimandano a fasi antecedenti di questa antichissima sede vescovile, che per certi riguardi è difficile da decifrare.
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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