La legalità e la GIUSTIZIA
Editoriale del nuovo numero in edicola
Minuscolo e maiuscolo.
Vogliamo segnalare così, anche graficamente, la differenza – talvolta la distanza – che corre fra due termini che troppo spesso e con troppa superficialità sono accomunati.
I cosiddetti “Panama papers” per esempio, certificano l’evasione fiscale di personaggi famosi del mondo della politica, dello sport e dello spettacolo come Carlo Ancelotti, Shakira, Tony Blair, Vladimir Putin e Claudia Shiffer, per citare alcuni nomi fra quelli noti nel nostro Paese; la lista però è sterminata e comprende migliaia di persone da tutto il mondo che tramite società di comodo hanno messo le loro fortune al riparo dalla tassazione degli Stati nei quali sono residenti.
Non siamo andati però oltre la denuncia giornalistica; casomai ferma e vibrata.
Non è stato possibile punire un comportamento così riprovevole dal punto di vista morale perché è platealmente ingiusto, ma è legale.
Trasferire i soldi nei paradisi fiscali e dunque evadere le tasse non è un reato; basta adoperare accorgimenti che sono il pane quotidiano di professionisti tanto navigati quanto spregiudicati.
La verità vera è che quelli che non pagano le tasse trasferendo i loro capitali all’estero sono gli stessi che progettano e promulgano le leggi che regolano questa materia così essenziale per un consorzio civile qualsiasi.
Quando la legge contrasta o addirittura confligge con la giustizia bisogna disobbedire; lo scrisse e lo motivò nel 1956 Pietro Calamandrei in difesa del sociologo e attivista nonviolento Danilo Dolci che aveva organizzato uno sciopero all’incontrario con i disoccupati del palermitano che si vedevano negato il diritto al lavoro e alla sopravvivenza. Dolci dovette difendersi in tribunale dalle accuse di oltraggio a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e invasione di terreni altrui.
Questo nel tentativo di concretizzare per davvero l’articolo di fondamento della nostra Costituzione.
E’ accaduto così anche a Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, che accompagnato moralmente da Monsignor Bregantini, all’epoca Vescovo di Locri, ha dato vita ad un sistema d’accoglienza che ha saputo farsi “modello” apprezzato in tutto il mondo.
Lo ha fatto innanzitutto per “restare umano”, rispecchiandosi negli occhi degli uomini, delle donne e soprattutto dei bambini che arrivavano sulla costa ionica in fuga da guerre, fame e deportazioni, ma lo ha fatto anche per far rinascere la sua comunità falcidiata dallo spopolamento e dall’abbandono.
Mimmo Lucano non è stato semplicemente un volontario dell’accoglienza; è stato un sagace, coraggioso e visionario amministratore della sua stremata comunità e l’ha fatta rinascere avviando un micro-modello di sviluppo orientato alla giustizia sociale, al rispetto per l’ambiente, all’inclusione culturale, all’innovazione e alla partecipazione civica.
Nella Calabria assediata dalla Ndrangheta e dalla Massoneria, Lucano è stato capace di creare un’utopia concreta che accoglieva chi arrivava da un altrove bisognoso e tragico ma che ha saputo anche fermare l’esodo dei giovani riacesi che hanno scelto di restare e prendere parte attiva al progetto di rigenerazione apprezzato fra gli altri da papa Francesco, da Wim Wenders, da padre Alex Zanotelli, da Gianfranco Schiavone, da Fiorella Mannoia, dalla sindaca di Barcellona Ada Colau, da Tonino Perna e da Beppe Fiorello, solo per fare qualche nome noto a tutti.
In primo grado il tribunale di Locri ha condannato Lucano a 13 anni e due mesi di reclusione, raddoppiando addirittura la richiesta del pubblico ministero che aveva chiesto per il sindaco di Riace una condanna a 7 anni e 11 mesi.
Eppure il processo – ci ha detto al telefono l’avvocato Andrea D’Aqua che ha difeso l’ex sindaco di Riace insieme a Giuliano Pisapia – aveva smontato l’impianto accusatorio dimostrando che Lucano non aveva agito per interesse personale ma per il bene della sua comunità.
E’ indicativo e inquietante nello stesso tempo che nel verdetto di condanna non gli sia stata riconosciuta nessuna attenuante.
Siamo in attesa che siano depositate le motivazioni della sentenza e la difesa di Lucano ha già annunciato che ricorrerà in appello.
Intanto, possiamo dire che tutto quello che è accaduto all’ex sindaco di Riace e alla sua comunità costituisce una ferita profonda al nostro senso di giustizia.
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