Mundimitar/Montemitro, il paese delle voci nel vento
di Shaana De Santis
Laddove si incontrano, intrecciandosi, culture diverse e aspetti armonici di una sola, duplice identità, irrorata dalla tradizione.
“Si distrugge una civiltà soltanto quando si distruggono i suoi dei”
(Emil Cioran)
La memoria in quanto divinità di un popolo, anima di un tessuto sociale, che crede nei pilastri fondanti della propria essenza è il punto di partenza per un futuro mosso da ideali solidi e amalgamati nella fusione di etica, storia e speranza. Montemitro è una piccola perla incastonata nel paesaggio molisano, che si rivela crocevia di culture eterogenee, celato e gelosamente custodito dai propri abitanti.
Sconosciuto ai più, il comune attua una sintesi poetica -aspetto importante tra le anguste viuzze-dove targhe raccolgono pensieri e parole in versi- di lingue e background culturali apparentemente in contrasto. L’aspetto interessante degli scorci, intessuti di storia e bellezza architettonica e paesaggistica, è scolpito nelle rughe degli anziani, portatrici di contrasti e sepolte lotte identitarie e nei sorrisi dei ragazzi che, orgogliosi, portano avanti -a testa alta- la bandiera dell’intercultura.
Sono i punti principali di pubblica utilità e le strade a raccontare la magia della fusione tra Italia e Croazia. Strano a dirsi, ma il paesino conserva, simile a scrigno prezioso, il ricordo dell’arrivo in Molise di coloni dalmati nel XV secolo. Il territorio, precedentemente abitato, accolse l’avvento dello straniero, in un abbraccio integrativo ben più moderno di quanto accade ad oggi sull’intero territorio nazionale e non.
Probabilmente il percorso di inserimento, non fu di semplice e comoda mescolanza. Come insegna la Storia, una simbiosi pacifica è di difficile conquista, in particolar modo nei momenti iniziali dell’incontro. Tuttavia, il frutto del tempo si infrange nell’impegno della comunità spaccata, dedita alla difesa delle proprie origini, grata allo scambio e alle circostanze casuali della sorte, ma che risente degli effetti del ‘Nuovo’ che irrompe con tenacia.
Dunque, a dispetto della resistenza della vecchia guardia degli anziani, scettici e poco propensi alla diffusione di un loro esclusivo tesoro, le nuove leve sentono l’esigenza di difendere e tramandare, urlando a gran voce la loro esistenza. L’insediamento si mostra simile ad un caleidoscopio colorato, un focus sull’apertura al rispetto del patrimonio altrui, come accade anche in altri borghi della regione, e non conosce lo “Xenos” di greco sapore – nell’accezione negativa di nemico esterno. Quanto si respira, nel soffiare violento degli spiragli del vento tra i vicoli di Montemitro, ha il sentore di un concetto dimenticato: l’accoglienza.
Nel sangue versato resta sempre impressa l’impronta dell’odio. L’arrivo dell’estraneo implica sempre un velo di paura da parte di colui che riceve la visita.
Non in questo luogo.
O, almeno, tale è la percezione per gli avventori più curiosi, che hanno la fortuna di imbattersi nei libri, nelle composizioni di musica popolare e nei racconti- a tratti mistici- sussurrati da ogni pietra del luogo. Sebbene una visione decisamente personale, probabilmente idealista, incantata e sognatrice potrebbe risultare profondamente ingenua agli occhi dei più cinici e di coloro i quali trattengono in se stessi i timori del muro.
Con il tempo, in questo piccolo ritaglio della provincia di Campobasso le barriere sono crollate, e ciò che resta ad oggi è oggettivamente un cuore bilingue, animato dalla voce delle nuove generazioni, che attraverso radio, riviste e musica in croato molisano, rivendicano il loro diritto alla protezione di un patrimonio cui sentono di appartenere. Pertanto, spesso il più insormontabile degli ostacoli è il fantasma della chiusura culturale, che permea gli strati di una società talvolta ipocrita, talaltra indignitosamente cieca.
Sulle targhe affisse nelle strade, a Montemitro, non si comprende una parola della lingua meticcia. Si trasmette, tuttavia, qualcosa di sconosciuto, che invito a cercare nel caos quotidiano personale: la fede del futuro, attraverso uno sguardo reverente nei confronti del passato.
Qualunque esso sia.
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