Boiano non ha una fontana monumentale per celebrare il Biferno che qui nasce

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La cittadina bifernina ha solamente fontanelle. Il fiume che costituisce un elemento identitario, insieme al Matese, di questo centro deve, il Calderari, scorrere appartato, nascosto dietro i retri delle abitazioni, una presenza che è quasi un’assenza. La realizzazione di una fontana artistica alimentata dalle sue acque costituirebbe un tributo di riconoscenza per il ruolo importante che ha avuto nella storia del luogo (ph F. Morgillo)

Perché mai a Boiano non c’è una fontana monumentale? Appare veramente strano che questa cittadina da cui nasce il fiume centrale del Molise non voglia, non abbia mai voluto, celebrare il Biferno, mostrare con orgoglio lo stretto legame che la lega a tale asta fluviale. Il progetto di una fontana monumentale sarebbe stato facilmente attuabile vista la copiosità e la perennità della risorsa idrica da cui questo primario corpo idrico scaturisce.

La notevolissima disponibilità della “materia prima”, è ovvio materiale liquido e non solido, avrebbe reso possibile con facilità la realizzazione di una grande fontana. Oltre a testimoniare il rapporto indissolubile che ha il nostro centro con il corso d’acqua il quale costituisce un autentico fattore identitario per l’insediamento, il monumento al Biferno che si va proponendo rappresenterebbe uno sfoggio di ricchezza, beninteso idrica (senza arrivare, magari, a sprecare l’acqua con eccessivi giochi, appunto, d’acqua), della comunità.

Le fontane, poi, sono un prezioso elemento di abbellimento degli spazi urbani come si riscontra a Roma dove sono diventate attrattive turistiche complementari alle piazze storiche che esse arricchiscono. Il riferimento alla capitale d’Italia è utile anche per un altro raffronto: le fontane romane sono servite da infrastrutture acquedottistiche mentre quelle boianesi non hanno bisogno di sistemi di adduzione in quanto la risorsa idrica è presente in loco. È proprio tale singolarità il motivo dell’assenza di fontane di valore artistico nel comune bifernino, la risposta alla domanda posta all’inizio.

Si prova a spiegare per bene: il potere sia quello feudale sia quello regio tende all’esaltazione di sé attraverso la magnificenza delle fonti pubbliche le quali sono il terminale di acquedotti finanziati dallo stesso portando in città da punti di attingimento più o meno distanti l’acqua per essere graziosamente elargita al popolo. Quando, è il caso del “capoluogo” del Matese, in cui l’acqua è di casa poiché il Biferno emerge dal Matese proprio qui, non occorre trasportare da lontano tale bene essenziale per la vita degli uomini e allora non c’è ragione di edificare fontane per glorificare il governante che ha costruito l’impianto idraulico, assai appariscenti alla stregua, per capirci, dell’arco di trionfo innalzato nell’antichità per onorare il condottiero reduce da una guerra vittoriosa.

L’acqua, in definitiva, come strumento di propaganda politica. Queste fontane che concludono gli acquedotti, in genere grandiose imprese, adesso, ingegneristiche non militari, vengono denominate nella trattatistica architettonica significativamente “mostre d’acqua”, nel senso di esibizione dell’acqua. Ci dobbiamo accontentare, pertanto, di descrivere fontanelle piuttosto che fontane, disseminate nell’ambito insediativo, mancando, lo si è visto, di condizioni che giustificano l’esistenza di fontane scenografiche.

Procediamo all’illustrazione delle principali fonti cominciando dalle fontanelle ovvero fontana di S. Maria dei Rivoli. Il nome lo deve alla bella chiesa vicina e se non fosse una questione di trasposizione onomastica non vi sarebbe comunque nulla di strano nella circostanza che una fonte si chiama come una divinità; in tanti paesi ve n’è una che ha il nome della Madonna. Si tratta di una figura divina del credo cattolico, ma anche nel paganesimo vi erano fontane erette a devozione di deità e si cita quella all’ingresso di Sepino il cui mascherone raffigura il Dio Oceano.

Vi è la credenza che sia stata la Madre di Dio a creare la fuoriuscita dell’acqua, i “rivoli” sono l’attributo che sta nella Sua denominazione. La predetta fontana è una maxi edicola di fattura classica, colonne, vi sono, è scontato verticali, i due tronchi che la delimitano lateralmente, e un marcapiano, una modanatura per sua natura orizzontale, che ripartisce la facciata in due porzioni, il tipico fronte con due ordini sovrapposti variando la forma dei capitelli delle colonne anzidette da un piano all’altro.

Conclude la composizione un frontone. Se non fosse per il muro di fondo che è in mattoni, il laterizio richiama le costruzioni popolaresche, e non in pietra si potrebbe parlare di aulicità del manufatto. La bizzarra vasca lapidea che è a terra raccoglie le acque che fuoriescono da due bocche in bronzo (di leone). La Madonna, la sua effige, adorna di collanine di rosario altrettanti ex-voto, è situata in una nicchia che è centrale nello schema competitivo. S. Maria dei Rivoli non ha, certo, necessità di alcun dispositivo di potabilizzazione perché è rifornita direttamente dalla sorgente di Maiella, una delle 3 che compongono il gruppo sorgentizio che dà origine al Biferno, senza il bisogno di condutture.

Passiamo ora ad un altro punto d’acqua la cui importanza è rilevata dal fatto che il “quartiere” urbano in cui è situato è identificato nella toponomastica non ufficiale con il “nomignolo” della fonte, il Cannello (le cannelle, in verità, sono due). È un idrotoponimo, seppure nella volgata popolare, alla stessa maniera della precedente per il richiamo, per quanto riguarda quest’ultima, ai rivi. È curioso notare che la fontana non è decorata da nessuna iscrizione o stemma, cosa inusuale poiché le fontane di norma sono dotate di qualche segno ornamentale: Cannello è sicuramente perché il fiotto d’acqua proviene da tubi puri e semplici, senza nessun fregio, proprio come le cannelle.

È interessante la comparazione con la fonte alpestre di S. Egidio con due buche inserite in teste di cinghiale, non meri beccucci in metallo. Ha per tale sua elementarità il sapore di un’attrezzatura idrica di servizio, svolge funzioni di carattere pratico, compresa quella di lavatoio. Se S. Maria dei Rivoli è in una posizione, in effetti, periferica, il Cannello è all’interno dell’agglomerato urbanistico: la pluralità di usi cui era destinato fa sì che esso diventi un polo aggregativo, più aggregante di una piazza. La terza fontanella, questa sì veramente tale, che si analizza è quella addossata al palazzo Casale, giusto adiacente ad un incrocio viario risalente alla Bovianum Undecanorum.

Questa fontana conferisce al minuscolo slargo formato dal crocevia i connotati di una piazzetta. È una fontanella che si può equivocare sia un atto di generosità della famiglia nobile verso i concittadini, una specie di estroflessione della fonte in genere arredo della corte, ma è solo un’illusione ottica, la fontanella è comunale. Infine nel presente discorso non si può non accennare alle fonti idriche sfruttate per dissetare le pecore transumanti le quali dovevano essere i greti dei corsi d’acqua e non specifiche strutture tipo gli abbeveratoi di cui non c’è traccia nel perimetro urbanizzato.

Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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