Quel mazzolin di fiori che vien dal… Matese
di Francesco Manfredi-Selvaggi
La vegetazione qui è molto varia e ciò dipende dalla varietà di ambienti presenti in questo complesso montuoso. Le essenze floristiche presenti vanno viste in relazione alla morfologia del suolo, all’altitudine, al substrato del terreno, alla presenza di fonti idriche all’uso antropico del territorio (Ph. M. Martusciello-Ranuncoli dolina su M. Crocette)
È necessario partire da alcune considerazioni di carattere generale relative alla flora presente in montagna. La prima osservazione è che le specie botaniche esclusivamente montane non sono moltissime; infatti tante piante che crescono in quota sono presenti pure ad altitudini meno elevate. La differenza che emerge alla vista con più forza, soprattutto nel caso dei fiori, è che i colori sono più intensi e ciò è dovuto alla maggiore radiazione solare alla quale sono sottoposte le piante salendo in altezza.
Una seconda annotazione riguarda la verginità o meno della vegetazione in montagna. Nella fascia sub-montana è certo che le specie vegetali che possiamo ritenere naturali sono costrette in ridotti lembi di territorio, confinate in questi brevi spazi dall’espansione delle colture agricole che in passato si sono spinte fin sopra ai 1000 metri (si pensi alle patate). Neanche a quote più elevate possiamo parlare di originarietà del mondo vegetale a causa dell’intenso sfruttamento silvo-pastorale e ciò vale pure per quegli ambienti come i boschi d’alto fusto e le praterie degli altopiani che si è portati a credere ecosistemi primordiali.
II terzo punto di lettura concerne la differenziazione delle specie botaniche salendo di quota: si registra sulle zone culminali esclusivamente l’esistenza delle specie erbacee con la scomparsa degli alberi. Ciò dipende dal fatto che le specie arboree hanno bisogno per poter vegetare di un periodo abbastanza lungo nel quale il clima sia favorevole e queste condizioni l’alta montagna non le può offrire. Gli alberi, perciò, si fermano sul Matese intorno alla quota m. 1700 e al di sopra vi sono solo piante erbacee e cespugli.
Un quarto elemento da tenere in conto nell’analisi sulla composizione floristica di questo massiccio montuoso è la sua dipendenza dalle strutture ecosistemiche nelle quali è possibile scomporre l’ambiente naturale del Matese. Le principali sono le foreste e le praterie. ln riferimento alle foreste si rileva che trattandosi di boschi di latifoglie lo strato superiore della vegetazione, quello arboreo, permette il passaggio dei raggi solari che sono l’elemento fondamentale per lo sviluppo degli strati sottostanti, cioè, scendendo di scala, quello dei cespugli, quello delle erbe e quello dei muschi. Quindi nei boschi matesini vi è una ricchezza di specie erbacee.
Invece, nelle praterie che occupano gli altopiani il pascolo ha determinato, specie quando si tratta di prato-pascolo che è oggetto di sfalcio, lo sviluppo di piante graminacee e di altre foraggere le quali producono particolari fioriture. Alle medesime quote si trovano pure magri prati sui rilievi che intervallano le doline i quali, crescendo sul calcare, sono aridi. Un ulteriore tipo di vegetazione erbacea è quella prossima ai punti di abbeveraggio ed agli stazzi per i greggi dove l’attività pabulativa (e con essa la fertilizzazione animale) essendo più consistente ha prodotto la crescita di particolari specie (quali le ortiche e gli orapi).
Infine tra gli ambienti secondari rinvenibili sul Matese citiamo pure le rupi, che sono habitat incontaminati perché non interessati dalle attività antropiche, e il greto dei pochi corsi d’acqua che nascono in quota. Le forre e le formazioni rocciose costituiscono particolari nicchie ecologiche dove hanno sede associazioni vegetali rupestri qui formate da specie rare. Nei torrenti montani qui scarsi per via del carsismo la composizione floristica è molto diversificata per l’apporto costante di semi di varie specie trasportati dall’acqua.
Nonostante la suddivisione delle piante a seconda degli ambienti di cui si è appena detto bisogna, comunque, sottolineare che la vegetazione matesina sostanzialmente non differisce da quella tipica della fascia fitoclimatica del Fagetum caldo secondo la classificazione del Pavani. Che questa zona sia connotata dalla faggeta temperata è confermata dalla presenza all’interno di questi boschi dell’agrifoglio. Per quanto riguarda i fiori essi sono interessanti perché caratterizzano un determinato ambiente naturale e non solo per la loro bellezza.
Questo per quanto riguarda i fiori presenti nello strato erbaceo, mentre per le fioriture delle piante superiori (cioè gli arbusti e gli alberi) l’interesse è legato anche alla loro utilità nell’identificazione delle specie. Ovviamente ciò è possibile solo in determinati periodi dell’anno e, di nuovo ovviamente, non sempre poiché ci sono piante, si prendano le felci, che non fanno fiori. Per vedere i fiori in montagna il mese giusto è giugno, avendo premura, se si vuole osservarli, a recarvisi prima dell’alpeggio anticipando le vacche che o li mangiano o li calpestano.
Nonostante che i fiori siano un fatto stagionale è necessario adottare opportune azioni di tutela rivolte alla salvaguardia delle condizioni ambientali che ne consentono la crescita. Con i fiori si conserva un patrimonio vegetale rivelatore del grado di naturalità del territorio; i fiori sono importanti sia quando appartengono alla flora originaria sia quando derivano dalle trasformazioni all’uso del suolo causate dall’uomo. Generalmente ci si impressiona quando si distrugge una superficie boscata e si pone scarsa attenzione alla eliminazione del cotico erboso (si pensi alle piste di sci).
Invece, occorre proteggere anche le specie erbacee e non solo gli alberi ed a questo scopo si adottano una delle seguenti strategie, o entrambe: l’emanazione di provvedimenti legislativi che vietano la raccolta dei fiori a rischio di estinzione (vi è nel Molise una legge regionale di tutela della flora minore) e l’istituzione di parchi o riserve (il Molise per quest’aspetto è in ritardo).
L’ultima soluzione sembra la più idonea in quanto tutelando l’ambiente nel suo complesso si impedisce l’alterazione del sistema ecologico al quale la pianta appartiene e che ne consente la sopravvivenza. Va considerato, poi, che l’applicazione di una normativa per la protezione della flora è difficile richiedendo una sorveglianza capillare del territorio. Bisogna segnalare, infine, che dall’aprile del 2000 il Matese è stato riconosciuto Sito di Importanza Comunitaria in quanto risultano presenti specie vegetali, oltre che animali, appartenenti alla «rete ecologica europea».
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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