“Il delfino degli Argàn” di Gaetano Barone

Scienza, religione, politica e finanza nel romanzo d’esordio

di Giovanni Petta

Sembra essere davvero piccolo il mondo in cui si muovono i personaggi del libro d’esordio di Gaetano Barone. Dal microcosmo di Drafinia, piccolo borgo ligure, agli spostamenti fisici e virtuali in Sudafrica, Canarie, Napoli e Milano, Oklahoma e Lione… È un muoversi compulsivo che fotografa la velocità, come in un quadro futurista, a cui sono portate, quasi sempre senza volerlo, le esistenze degli uomini del nuovo millennio.

Sembra non esserci pace per l’umanità che si muove in questo romanzo, “Il delfino degli Argàn”, uscito qualche mese fa per Pav Edizioni di Roma. Sembra non esserci pace mentre è proprio la pace l’oggetto della quête che si mette in atto in tutte le pagine del romanzo. Ogni personaggio, tuttavia, cerca una pace tutta sua, personale, il cui desiderio scaturisce dalle condizioni di partenza e dalle avversità incontrate; una pace diversa, così come diversi erano gli obiettivi dei personaggi dei poemi epico-cavallereschi che si incrociavano nelle trame complicate della nostra migliore tradizione letteraria.

Sembra non esserci un protagonista e tutto avviene nella coralità dei destini. Come se ogni cosa incrociasse necessariamente l’altra, in una asfissiante atmosfera di oppressione e di impossibilità a modificare il corso degli eventi.

È davvero bravo, Gaetano Barone, a tenere incollato il lettore alle pagine del romanzo. La sua scrittura è di una contemporaneità sorprendente e, nello stesso tempo, tiene molto alla tradizione e alla forma. Non rinuncia mai al rispetto delle regole per giustificare il raggiungimento di una maggiore velocità di esposizione. Il ritmo serrato viene ottenuto, quando necessario, con la padronanza del mezzo espressivo, tenendo le redini, con sicurezza, di una sintassi piana ed elegante, efficace anche nei dialoghi più complicati.

“Il delfino degli Argàn” è una storia cupa, misteriosa, che coinvolge l’umanità e la esplora. I dubbi che negli ultimi trent’anni sono stati motivo di riflessione per i curiosi e per gli analisti che hanno tentato di trovare un senso alla vergognosa distribuzione delle risorse del pianeta (l’85% della ricchezza al 15% della popolazione e il 15% all’85%…) trovano qui uno spazio importante nel succedersi degli avvenimenti così tanto avvincenti e coinvolgenti,

Si indaga sulla Cuspide… Si può davvero far risalire a una organizzazione così potente e segreta gli spostamenti di denaro e le morti inspiegabili causate da una serie di incidenti misteriosi? Ad essa vanno ricondotte le disparità economiche e sociali di intere nazioni o continenti? La trama sembra diluirsi, a volte, nelle interrogazioni continue sul perché degli eventi osservati e sul senso dell’esistenza stessa.

Ma è solo il primo capitolo… Gaetano Barone sta lavorando per portare a termine la trilogia che ha progettato e con cui vuole indagare e cogliere i fenomeni umani più macroscopici, talmente grandi da risultare invisibili nello svolgersi delle vite dei singoli individui. Vite che, tuttavia, senza saperlo, proprio da quei fenomeni sono condizionate e gestite, influenzate e deviate.

È un libro importante per divertirsi e per interrogarsi. Per osservare con sempre maggiore lucidità il proprio percorso verso la consapevolezza. Per cogliere – dando attenzione alla religione e alla scienza insieme, alla politica e all’economia, che non riescono mai a separarsi, alla finanza e alla criminalità più spietata, spesso coincidenti – verità provvisorie ma sempre più vicine a quella definitiva.

Giovanni Petta76 Posts

È nato nel 1965 in Molise. Ha pubblicato le raccolte poetiche «Sguardi» (1987), «Millennio a venire» (1998) e «A» (2016); i romanzi «Acqua» (2017), «Cinque» (2017) e «Terra» (2021) ; il saggio giornalistico «L'Italia delle regioni, il Molise dei ricorsi» (2001) e, con lo pseudonimo di Rossano Turzo, «TurzoTen« (2011) e «TurzoTime» (2016). Allievo di Mogol, ha inciso «Non crescere mai» (1993), «Trema terra trema cuore» (single, 2003), «Il bivio di Sessano» (2012). Ha diretto le testate «Piazzaregione» e «L'interruttore». Ha coordinato l'inserto molisano de «Il Tempo».

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