Il disastro Molise raccontato dalla Gabanelli / Ma ricucire il divorzio conviene all’Abruzzo?
Dati alla mano, Milena Gabanelli, regina italiana del giornalismo d’inchiesta, ha riaperto ad una ad una tutte le piaghe di una terra tramortita dalle false illusioni di “padri fondatori” credenti di “piccole patrie” e di “meglio soli che male accompagnati”.
La metamorfosi regionale, fu accolta come la conquista di un sole dell’avvenire. Infatti contro la “secessione” c’era in prima linea Ezio Vanoni, grande economista e ministro del Governo De Gasperi. Poi però emersero spinte interne della DC che vedevano nel Molise un feudo elettorale con due utili senatori in più.
Il divorzio fece sognare, incluso chi scrive, un sole dell’avvenire e una Svizzera molisana. Poi però quelli coi piedi a terra riparavano in Abruzzo. Lo fece un mio caro ex compagno di scuola, Raffaele Cerri, rappresentante della Singer: “Qui, mi disse, vendo 500 macchine da cucire l’anno.”
A ogni ricorrenza dell’autonomia regionale la nomenclatura dell’ideologia identitaria si auto-magnificava chiudendo gli occhi su debiti, incompetenze, clientelismi, familismi e conflitti d’interesse che la sinistra non ha mai avuto la forza di denunciare e contrastare.
Così, quando è evidente la scarsa incapacità di autopropulsione ricompaiono associazioni come “Majella madre” che attizzano ritorni di fiamma sulla riunificazione, dinanzi ai quali la destra al potere indossa l’elmetto di difensori della patria al grido: “guai a chi tocca la nostra autonomia”.
Quando comparve il famoso studio della Fondazione Agnelli che proponeva un’Italia divisa in 12 regioni in cui il Molise veniva aggregato ad Abruzzo e Marche, nessuno capì che da quella riforma il Molise usciva “demeridionalizzato” e proiettato verso promettenti direttrici di sviluppo.
E invece? Invece è sortita roba come “Molisannio”, “Moldaunia” e barzellette come l’aggregazione Benevento-Campobasso proposta da Toma e Mastella. E c’era il terrore di venafrani e bassomolisani di essere rispettivamente accorpati a Campania e Puglia.
In anni non recenti, m’inventai il termine “molisolamento” per superare il quale proponevo ai nostalgici della dicitura “Abruzzo e Molise” un piccolo correttivo: “Abruzzo & Molise”, con quella “&” mercantile ma auspice di un ricongiungimento su basi pragmatiche e reciprocamente convenienti.
Ordunque la rogna sta nella convenienza: alzi la mano chi crede nella fratellanza tra i trionfanti Fratelli d’Italia abruzzesi e gli indigenti Fratelli d’Italia molisani.
Giuseppe Tabasso363 Posts
(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.
1 Comment
Gino Massullo
13 Marzo 2024 at 18:09Come di consueto, con acume intellettuale, finezza formale e chiarezza da giornalista di razza, Giuseppe Tabasso, nel suo intervento del 12 scorso su “Il Bene Comune” relativo all’ipotesi circolante di riaccorpamento amministrativo tra Abruzzo e Molise, riattualizzata dal data-room ad essa dedicato da Milena Gabanelli, individua il nocciolo della questione nella verifica della reciproca “convenienza” da parte delle due regioni al perseguimento dell’operazione.
Collocato su un altro piano, che prescinde dalla locale vicenda molisana ma attiene ad un più complessiva eventuale revisione dell’assetto regionale a livello nazionale, il dibattito – quello sì ben più serio – su una riorganizzazione macroregionale delle attuali 20 regioni italiane e ricondotte alla corretta dimensione “di barzellette” le ipotesi di Molisannio e Moldaunia, Tabasso non manca inoltre di notare l’evidente connotazione elettoralistica della ipotesi di “affratellamento” abruzzese-molisano con il forse un poco malizioso, ma certo alquanto realisticamente fondato, riferimento alle “Fratellanze d’Italia” presenti nelle due regioni.
Evito per brevità, e per non annoiare, di ripetere quello che più volte nell’ultimo decennio sono andato dicendo e scrivendo sull’argomento, anche sulle pagine de Il Bene Comune, per dimostrare quanto io sia d’accordo con le argomentazioni dell’amico Tabasso. Aggiungo soltanto, in sintesi estrema, che sono convinto sarebbe ora che alcuni smettessero di credere, o di tentare di far credere alla gente, che le difficoltà evidentissime in cui versa il Molise siano risolvibili con il compulsivo ricorso all’ingegneria amministrativo istituzionale. Si dovrebbero piuttosto costituire maggioranze politico amministrative capaci di individuare e proporre in maniera convincente ai Molisani uno specifico e innovativo modello di sviluppo, diverso da quello assistenzial-clientelare intorno al quale è nato e vissuto, per sopravvivere malamente tuttora, quello avviato negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Un nuovo modello di sviluppo locale, sostenibile, solidale, autopropulsivo, non polarizzato sul territorio, capace davvero di rivalutare e rigenerare le aree più interne della regione, intorno al quale finalmente strutturare compiutamente in essa una dimensione territoriale e una amministrativa davvero ben integrate tra loro.
Il resto sono soltanto, per l’appunto, barzellette. Tutt’al più manovre elettoralistiche, a volte iniziative esclusivamente finalizzate all’accrescimento della visibilità pubblica di chi le propone. Solite campagne di distrazione di massa, insomma, tese ad occultare i problemi veri e, ancor di più, la responsabilità di chi dovrebbe, per compito istituzionale e per mandato politico, lavorare a risolverli.
Gino Massullo