Il Molise montano, il Molise collinare e anche il Molise lacustre

di Francesco Manfredi-Selvaggi

I due laghi di Guardialfiera e di Occhito hanno ridisegnato il paesaggio dei comprensori in cui ricadono, ospiti graditi degli stessi perché emergenze ambientali capaci di diventare anche attrazioni turistiche (Ph. F. Morgillo-Il bacino dell’Arcichiaro)

Il lago del Liscione e quello di Occhito sono delle presenze importanti nel territorio molisano e ciò nonostante sono dei “beni” poco considerati, alla stregua di semplici, seppure enormi, serbatoi d’acqua funzionali alle attività agricole (e non più a uso potabile il Liscione da quando Termoli è servita dall’Acquedotto Molisano Centrale). Sono, invece, risorse notevoli, non sono dei “vuoti”, dei “buchi neri” nel contesto territoriale regionale. Alla stessa maniera di altri luoghi non “occupati” dalle attività antropiche, dalle fasce sommitali dell’Appennino, le cime del Matese e delle Mainarde, alle rocce, le morge del Parco delle Morge, alle dune, nella costa di Petacciato, sono decisivi nel determinare l’identità della regione.

Gli invasi svolgono un ruolo importante nell’ecosistema. I bacini idrici nonostante siano artificiali hanno saputo conquistarsi un posto importante nel sistema ecologico diventando addirittura essenziali per gli uccelli migratori che vi sostano per abbeverarsi tanto da portare al loro riconoscimento quali Zone di Protezione Speciale nella Rete Ecologica Europea. Gli invasi, dunque, producono benefici e nello stesso tempo sono in grado di fungere, lo si è provato in passato, da volano per lo sviluppo di comprensori in cui sono inseriti, si sta pensando al turismo. Nella nostra terra l’interesse turistico, per quanto riguarda le aree naturali, è rivolto verso il mare, le montagne, le superfici boscate e meno verso i laghi, è quasi nullo quello verso i fiumi.

A costo di smentire quanto appena detto è lungo le aste fluviali, del Volturno e del Biferno, che si è andata affermando la pratica del canoismo mentre negli specchi lacustri per ragioni legate alla sicurezza che limitano l’agibilità alle barche non hanno preso piede gli sport acquatici a vela. Eppure sono stati previsti allo scopo gli attracchi per le imbarcazioni e le cabine per il loro rimessaggio, i primi mobili per assecondare l’escursione del livello del lago che nel Liscione è più sensibile che ad Occhito. Erano stati pianificati approdi su entrambi i lati, s’intende quelli lunghi, dell’invaso del Liscione per ricomprendere in questa azione, la navigazione del lago, anche il comune di Larino effettuando una specie di forzatura poiché da questo centro è difficile scendere al lago.

Si voleva a tutti i costi che fosse un’iniziativa di scala comprensoriale e in tale modo rendere il bacino uno spazio condiviso, fatto che avrebbe rafforzato la coesione tra le comunità dirimpettaie. Del resto è nelle cose questo spirito comunitario, il lago diviene il perno delle proposte di programmazione che coinvolgono tutti i comuni circostanti ad esso. La sopravvenuta presenza lacustre dà una nuova visione di tale ambito, stravolge l’originario senso dei luoghi attribuendo una diversa significatività agli stessi. È segnato, in definitiva, un destino comune a tutti i borghi che stanno intorno. Non è immaginabile un domani distinto e separato, a sé stante per alcuno di questi. Ogni prospettiva futura, di sicuro, ruota intorno a questo forte segno paesaggistico.

Niente è come prima, qualsiasi scorcio panoramico ormai è dominato dall’invaso idrico, la sua immagine è pervasiva. L’invaso condiziona le prospettive di crescita dell’economia locale le quali non possono non coinvolgere l’insieme delle entità comunali fronteggianti lo specchio d’acqua. Allargando lo sguardo, estendendo la visione dai distretti circumlacuali alla conformazione regionale nella sua interezza riscontriamo che i bacini idrici, la loro comparsa, contribuiscono ad aumentare la complessità del territorio molisano il quale è già caratterizzato da una notevole varietà delle sue componenti, dai boschi ai monti ai rilievi collinari alla costa alle pianure interne: essi influiscono non esclusivamente sulla singola unità sub-regionale o sub-interregionale, nel caso di Occhito, bensì incidono sulla totalità dell’assetto paesaggistico del Molise in quanto “segni” di grande dimensione.

È consentito parlare di un Molise montano, di uno collinare, di uno costiero e così via fino al Molise lacustre. L’invaso di Guardialfiera a proposito dell’incidenza sul paesaggio regionale preso nella sua totalità essendo capace di mettere in rapporto fra loro le diverse zone in cui si articola, fa da cerniera tra il Molise centrale e il basso Molise, un autentico punto di snodo fra queste due distinte realtà. Non si cambia argomento, il tema rimane sempre quello dei laghi ma ora si ricomprendono in esso anche gli specchi d’acqua minori i quali hanno in comune con quelli maggiori il fatto di essere frutto di analogo intervento antropico, quello dello sbarramento del flusso idrico che porta all’invasamento del corso d’acqua.

Essi sono l’invaso della diga di Chiauci, quello della diga dell’Arcichiaro e il lago di San Vincenzo al Volturno. Si differenziano fra loro perché lo sbarramento di Chiauci è su uno dei primari fiumi molisani, il Trigno, Arcichiaro è su un affluente del Biferno mentre S. Vincenzo è su un affluente di affluente per dirlo sinteticamente. Li accomuna essere tutti e tre posti nell’alto corso del percorso degli assi fluviali e, dunque, senza eccezioni essi sono collocati in circondari montani. Arcichiaro e S. Vincenzo è come se fossero incastonati in massicci montuosi, il primo in quello matesino il secondo nelle Mainarde e ciò, l’essere cinti dalle vette appenniniche, ne fa dei veri e propri gioielli paesaggistici. Le tipologie di dighe sono tante e tra queste ci sta quello degli sbarramenti inutilizzati, ne abbiamo una a Campolattaro appena fuori dal Molise, uno spreco di denaro per la costruzione del manufatto diga e uno spreco di suolo perché i terreni che dovevano essere invasati sono rimasti in abbandono. Infine, abbiamo avuto invasi temporanei come quello originato da una frana innescata dal terribile terremoto del 1456 che formò una specie di diga in terra sul Biferno in agro di Colledanchise con le acque che inabissarono Boiano.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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