Un portale borgognone a S. Massimo

di Francesco Manfredi-Selvaggi

La sua archeggiatura ogivale e l’assenza di lunetta rimandano alle porte delle chiese dell’ordine circestense il quale nasce in Borgogna. Se la forma a ogiva dell’arco rimanda all’architettura gotica la croce che sta nella chiave di volta ci indica che questa cappella rurale è appartenuta ai Cavalieri dell’Ordine di Malta. Stiamo parlando della cappella rurale di S. Maria delle Fratte (Ph. F. Morgillo-Il portale di S.Maria delle Fratte)

Ciò che rende pressoché unico nel panorama chiesastico molisano il portale della chiesa di S. Maria delle Fratte è il suo essere di forma ogivale. L’ogiva rimanda allo stile gotico, il gotico alla maniera borgognone, quest’ultima all’ordine cistercense che fece la sua comparsa proprio nella Borgogna per poi affermarsi nel resto d’Europa. I Cistercensi sono una filiazione dei Benedettini ai quali ultimi si fa risalire, è Pasquale Maselli a dirlo in un suo libro su S. Massimo, la fondazione del nostro luogo di culto. Apparirebbe così come descritta una vicenda storica lineare che ci porterebbe andando all’indietro nel tempo a un’origine cistercense della chiesa, ma tale linearità è contraddetta da un segno inequivocabile, lo stemma con la croce della compagnia cavalleresca che si sta per dire apposto al posto della chiave di volta del portale, quindi ben in vista poiché proprio in cima all’ingresso dell’architettura religiosa, di appartenenza dei Cavalieri di Malta.

Non vi sono certezze, dunque su chi sia stato il promotore della costruzione dell’edificio ecclesiastico, se monaci o uomini d’arme. Sicuramente gente di fuori perché la conformazione del portale è totalmente diversa da quella dei portali di epoca medievale presenti nella nostra regione. Di differente c’è non solo la sagoma ogivale, ma pure l’assenza della lunetta. Nello stile romanico vi è un doppio sistema di chiusura del varco d’entrata, l’arco (che è un semicerchio mentre qui è “appuntito, ad angolo” acuto, non a tutto sesto) sovrapposto alla trabeazione rettilinea; la peculiarità molisana è che lo spazio interposto tra l’architrave e l’arco sovrastante è “figurato”.

In essa, cioè nella lunetta, trovano posto figurazioni ovvero figure, non è in altri termini, lasciata vuota. Bisogna aggiungere che sulla facciata interna della parete d’ingresso scompare l’ogiva sostituita da un arco a sesto ribassato. Il portone è per una questione di praticità rettangolare, la parte eccedente tra la superficie occupata dall’infisso e il limite superiore, che si è visto arcuato, dello squarcio murario è tompagnato con pietrame, riempimento questo che dall’esterno è mascherato dal prolungamento del portone, alla stregua di un segmento dello stesso il quale, però, non è apribile né autonomamente né congiuntamente al portone.

C’è, ad ogni modo, un vago ricordo del classico portale romanico ed è la presenza di capitelli i quali insieme ai dadi che costituiscono il piedistallo delimitano i piedritti (gli uni sopra gli altri sotto, è scontato). Ci sarebbe stato da aspettarsi una perfetta continuità tra gli elementi di sostegno verticale e l’archeggiatura senza la mediazione di capitelli i quali evocano una struttura lapidea trilitica fungendo essi normalmente quali punti di appoggio di una travatura. La presenza dei capitelli è in contraddizione anche con l’andamento continuo dell’ornamentazione delimitante per tutto il suo sviluppo la sagoma dell’apertura, un ornato posto allo spigolo interno dei blocchi di pietra che racchiudono l’accesso, in modo emissimetrico, una specie di cornicetta come nei quaderni di scuola o un merletto, o meglio trine nell’intradosso della porta.

La decorazione predetta richiama una treccia, una corda intrecciata, che corre da terra al colmo dell’arco facendo una breve pausa all’attacco dei capitelli per poi riprendere il suo incedere fino alla sommità. Questo motivo decorativo rimanda al gambo di una pianta con le sue foglie, di cui quella centrale è lanceolata, e i boccioli. L’essenza floreale si presenta capovolta al margine superiore del capitello il quale così separa i due fiori contrapposti, quasi un testa a testa. È il vago ricordo di una ghirlanda che si avviluppa intorno al portone di accesso alla casa di questa Madonna campagnola, che qui ha l’attributo di Flos Campi, fiore di campo.

Si offre un’ulteriore interpretazione di questo motivo adornativo che si aggiunge a quella legata all’immagine agreste sollecitata anche dall’appellativo della Madre di Dio Maria delle Fratte, termine popolare che sta per siepe, quella di nervatura che cinge, stringe, l’entrata della Cappella come è chiamata dai sanmassimesi nonostante che le sue dimensioni non siano proprio quelle di una chiesetta rurale. Rinunziando alla ricerca di un significato preciso, oltre che univoco, ci si può accontentare della lettura minimalista di questo orlo circostante al profilo della porta, lungo gli stipiti, quale mero ghirigoro, privo pertanto di una valenza semantica, che ha un inizio e una fine, i due capitelli che stanno in mezzo, seguibile in un verso o nell’altro.

La tecnica di lavorazione adottata è stata quella dell’intaglio, non di una modellazione di tipo scultoreo della pietra la quale rimane piatta, non vi è rilievo, manca una ricerca di plasticità. Peraltro è da notare che il portale ha pochissimo risalto rispetto al filo della facciata, è a filo muro, tutto si sviluppa in un unico piano. Il fatto che sia frutto di ritaglio non viene a sminuire l’opera, così come non la rende meno bella la ripetitività dell’ “addobbo”, la ripetizione del disegno su entrambi i lati del portale perché non c’è niente di elementare in questo “abbellimento” del portale, non si tratta di un prodotto artigianale rudimentale, non è, di certo, vero che le qualità artistica di un lapicida le si misurino dalla capacità di realizzare sculture a tutto tondo.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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