Il lato A e il lato B di m. Miletto
di Francesco Manfredi-Selvaggi
I due versanti di questa montagna sono molto diversi fra loro, da una parte c’è il pianoro di Campitello e dall’altro il Lago del Matese. Il percorso automobilistico che da Miralago toccando Sella del Perrone raggiunge la località sciistica mette in relazione le due facce della principale emergenza montuosa matesina (L’immagine è una simulazione del pianoro di Campitello trasformato in lago, duplicando così, se si può dire, il Lago del Matese il quale sta sul versante opposto del Miletto (elaborazione di F. Morgillo)
Prima che si realizzasse la strada che da Sella del Perrone porta a Campitello negli anni 60-70 del secolo scorso, preceduta da quella che dalla medesima sella, bivio dal quale si diparte anche il collegamento con Bocca della Selva, costeggia il Lago del Molise per poi proseguire verso Letino, questa parte della nostra montagna era sconosciuta ai più. Il progetto di tale arteria fu redatto in attuazione del Piano di Sviluppo del Matese nel 1964 dal Provveditorato OOPP. Si riteneva all’epoca, siamo agli esordi della motorizzazione di massa, che le strade servissero alla valorizzazione in senso turistico dei luoghi.
Era lo spirito che informava in quel tempo anche il Touring Club Italiano. Essa, questa strada, aveva quale scopo primario lo sviluppo del turismo e non, mettiamo, il potenziamento del settore zootecnico per il quale necessitano, ad ogni modo, infrastrutture viarie adeguate. Guardandolo dal di fuori il massiccio matesino appare come un’entità unitaria, un unico blocco ben delimitato all’intorno dalla pianura di Boiano e dalla conca di Isernia per quanto riguarda noi e dalla piana del Volturno nel versante campano, fiume che delimita pure, insieme al suo affluente Tammaro, anche i lati corti di questo oblungo rilievo montuoso. Esso, dunque, anche per via dei suoi confini certi si presenta quale emergenza del suolo compatta.
A dispetto della sua immagine esteriore così definita che fa sembrare il Matese come una realtà morfologica omogenea, penetrandovi all’interno si riscontra invece una morfologia assai articolata se non confusa. L’anello stradale, invero il semianello in quanto, quello descritto all’inizio, è un circuito con la forma che tende alla U, è una circumnavigazione parziale del monte Miletto, ci mostra, mostra a chi lo percorre, la notevole eterogeneità del comprensorio centrale del complesso montano, i cui fianchi sono addirittura incongruenti fra loro. Nel segmento dell’itinerario automobilistico che va da Campitello al valico che separa il monte Mutria dal gruppo di monti La Gallinola-Miletto, le cime più alte nonché baricentriche rispetto all’insieme montuoso, i pianori si sviluppano a quote intorno ai 1400 metri (Campitello, Capodacqua, Campo dell’Orso, il Pianellone), mentre se ci si muove dal predetto valico, o sella che dir si voglia, verso il bacino lacustre l’altimetria con il terreno che rimane tabulare varia, è a 1000 metri di altitudine.
Il percorso stradale qui è una specie di lungo-lago che va dal Passo del Prete Morto, ovvero Miralago, e il Passo del Lupo, due nomi terribilmente evocativi. Il raggruppamento La Gallinola-Miletto è così circondato per 2/3 da altopiani, anche il lago lo è in qualche modo essendo uno specchio d’acqua di spessore contenuto e su per giù costante; è solo che nel fronte che svolge in direzione della Campania il piano, che è poi il fondo oppure il pelo del lago, fa lo stesso, pur rimanendo alto è più basso di quello che si trova ai piedi della faccia che guarda il Matese. Si fa per dire basso, è un’eresia, perché il Lago del Matese è la superficie lacuale posta ad elevazione maggiore dell’intero Appennino.
Di annotazione in annotazione, sempre attinenti al tema che stiamo affrontando che è la diversità congenita tra le due fiancate della autentica barriera montana data dalla sommatoria La Gallinola-Miletto, il lago influisce sul microclima rendendolo temperato. Una temperatura più mite qui oltre che per la presenza del lago per altre due circostanze che elenchiamo di seguito. La prima è che il lato campano della montagna è posto a sud, orientamento geografico che garantisce un clima migliore, la seconda è la minore, rispetto al Matese molisano, distanza dal mare il quale peraltro è il Tirreno, una distesa marina più ampia di quella dell’Adriatico, cui invece volge il Molise, quindi con una capacità termoregolatrice superiore (il mare va inteso come un serbatoio idrico in cui si accumula il calore, l’irraggiamento solare che viene poi restituito all’atmosfera all’abbassarsi dei gradi centigradi nelle zone che vi prospettano).
È, in breve, si spera, spiegato perché gli impianti sciistici sono ubicati a Campitello, località che sta a nord, ma non è questo che si voleva sottolineare, bensì, lo si ripete, la differenza di situazioni ambientali che si incontrano nelle due differenti spalle del conglomerato montuoso che comprende La Gallinola e Miletto che il tragitto in auto indicato ci permette di osservare. Un mondo duale che diventa plurale, al limite della contraddittorietà, se esaminassimo tutti gli angoli del massiccio matesino. In macchina si ha una visione cinematica del paesaggio cosa che consente di poter mettere in pronta relazione, di effettuare un confronto immediato tra i vari ambiti attraversati.
Ci siamo, però, ricascati, lo si ammette, nel parlare di questa montagna siamo ricaduti nell’errore comune di concentrare l’attenzione sui “luoghi comuni”, sulle sue località più celebri, in assoluto le più famose sono il Miletto con Campitello e il Lago del Matese, quasi che il Matese si riduca a tali due areali. È vero che è il comprensorio quello servito dalla viabilità che confluisce nella Sella del Perrone più interessante non fosse altro che ci sono le vette maggiori, ma esso non esaurisce i motivi di interesse per una visita al nostro sistema montuoso, non necessariamente in macchina. Anzi a rendere particolarmente stimolante la frequentazione dell’emergenza montana è la ricchezza e la disomogeneità intrinseca degli episodi naturalistici che si susseguono lungo l’intera catena che parte dal Monte Mutria e finisce alla coppia Monte Gallo-Monte Caruso.
Francesco Manfredi Selvaggi638 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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