Campitello, da stazione sciistica per stanziali a stazione sciistica per pendolari

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Si ripercorrono le vicende che hanno portato alla nascita della località turistica, l’impostazione gestionale iniziale e le trasformazioni successive, un autentico ribaltamento della visione degli esordi. Non è più un villaggio esclusivo, la pratica dello sci diventa un fenomeno di massa e così a fruire delle piste non sono più solo i residenti ma anche i giornalieri (Ph. F. Morgillo-Campitello con la neve dunque un’immagine di qualche anno fa)

Campitello nasce d’impianto, già formato il cui precedente illustre è Minerva che viene fuori completa in tutto dalla testa di Giove. L’impulso è opera di un imprenditore privato, un gruppo imprenditoriale milanese, ovviamente con l’indispensabile avallo da parte del Comune il quale adotta, nel 1967, un piano urbanistico disegnato su misura delle esigenze dell’operatore economico e, peraltro, cede i terreni in cui ricade l’insediamento. Un soggetto unico cui fa il paio una realizzazione unitaria alla quale, a sua volta, corrisponde una gestione svolta unitariamente dei servizi affidata allo stesso promotore dell’iniziativa urbanistica.

Per le attività di servizio non sarebbe potuto essere diversamente in quanto concepite in maniera organica all’indirizzo che si voleva dare alla località turistica. Siamo di fronte al modello delle stazioni sciistiche ski total. Totalmente sci, dunque, con la conseguenza che tutto, dall’architettura degli edifici la più compatta possibile, con residenze, esercizi commerciali e ristorativi fortemente interconnessi fra loro nello stesso volume edilizio, una megastruttura, all’organizzazione degli eventi ricreativi solo après-ski, non nel resto della giornata, è in funzione delle esigenze dello sciatore. Paradossalmente in una località deputata al tempo libero non viene ammesso il tempo libero.

Con l’accorpamento degli alloggi, gli spazi “serviti”, e i negozi, gli spazi “serventi”, direbbe Louis Kahn, nel medesimo blocco architettonico come nelle Unitè d’Habitation di Le Corbusier, si miniminizzano i tempi morti i quali sono quelli non destinati allo sciare. La Società, come chiamano qui la S.p.a. che ha in carico il funzionamento di Campitello, si, appunto, incarica di ogni cosa: l’alloggiamento alberghiero, il funzionamento della scuola-sci, l’azionamento degli impianti di risalita dopo aver provveduto alla loro costruzione, il noleggio delle attrezzature per la pratica degli sport alpini, la foresteria e l’ostello.

La giornata tipo dell’ospite della stazione è le ore di luce interamente dedicate alle discese sulla neve compreso l’orario di pranzo sostituito da uno spuntino e la sera, il dopo-sci, da trascorrere nei locali di intrattenimento comuni cui segue il riposo in appartamenti di taglia minima, standardizzati perché con una scarsa variabilità delle misure, con la zona-notte che prevale sulla zona-giorno per riprendere il giorno dopo il medesimo programma giornaliero. Tale impostazione ideale del centro montano non aveva, però, fatto i conti con l’intraprendenza di figure del posto che stavano nel posto, stabilmente, quando venne ideata la “nuova” Campitello per assicurare l’apertura del Rifugio dell’Ente Provinciale del Turismo e per controllare le opere di monte dell’impianto idroelettrico che sta a valle vicino all’abitato di S. Massimo.

La tradizione ricettiva della famiglia Muccilli maturata nella conduzione del Rifugio le ha consentito di avviare più alberghi con annessi ristoranti mentre una serie di altre strutture di tipo turistico sono in mano a persone residenti nella vallata (bar, nolo sci, sala giochi, cinema, discoteca, rivendite di abbigliamento invernale, emporio e così via). Man mano la Società retrocede dal suo ruolo guida diventando prima comprimario per poi ritirarsi dalla scena definitivamente, in parte sostituita da un Consorzio a partecipazione pubblica la cui finalità statutaria primaria è l’esercizio del trasporto a fune. I protagonisti oramai sono tanti, il meccanismo gestionale della stazione si è frantumato, hanno voce gli albergatori, i ristoratori, i maestri di sci financo i condomini, le guide ambientali e gli animatori delle vacanze.

È cambiata la natura stessa del centro, l’impostazione iniziale è mutata: era pensato come un insediamento in quota completamente destinato al soggiorno di appassionati dello sci dal quale sono esclusi, almeno le loro auto, i frequentatori di un giorno, ora si vanno ribaltando i rapporti. Ora sono i “pendolari dello sci” la maggioranza sulle piste; pendolarismo che si credeva di contrastare con offerte di opportunità di divertimento in serata che potessero spingere alla permanenza notturna in situ in attesa della nuova giornata sulla neve, scoraggiando l’andirivieni tra la propria residenza in città e la stazione di partenza delle seggiovie.

L’attrezzatura per il free time più significativa è la “piramide” appena ultimata la cui destinazione d’uso di progetto è il pattinaggio su ghiaccio, non una vera e propria specializzazione funzionale perché appare come uno spazio coperto multifunzionale. Si tratta la cosiddetta piramide di una “creazione” comunale alla quale fanno compagnia iniziative private tra cui spa e piscine in locali interrati di hotel. Anche la pista per pattinare è sottoterra, spunta fuori solo la copertura a forma piramidale perché a Campitello non è consentito realizzare nuovi volumi.

La motivazione che accomuna questi interventi è l’incremento dell’attrattività del luogo concorrendo, da un primo lato, ad arrestare la pendolarità, da un secondo lato, per aumentare la competitività con le stazioni sciistiche prossime, in primis Roccaraso, da un terzo lato per la riconversione dell’unità insediativa da aggregato per periodi di ferie in inverno, quindi monostagionale, a agglomerato residenziale pluristagionale potendo fornire la presenza di una offerta diversificata di opportunità per la ricreazione oltre che all’aperto al chiuso alla villeggiatura in altitudine in ogni stagione. C’è infine la questione dei cambiamenti climatici in relazione ai quali è inimmaginabile, nel breve periodo e soprattutto nel lungo, un futuro del complesso turistico basato sulle precipitazioni quale esclusiva prospettiva di vita.

Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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