Francia: il barrage neoliberale tiene, ma l’astensione cresce

Tutto come previsto. Il solito giochetto del fronte nazionale social-repubblichino che salva il Paese dalla barbarie fascista è funzionato anche stavolta.
Il candidato della troika Emmanuel Macron ha vinto con il 65,5% dei voti, contro il 34,5% di Marine Le Pen.
Non è bastato alla Le Pen il tentativo di presentarsi come il presidente di tutti i francesi, rinunciando alle parole d’ordine più estremiste, soprattutto riguardo all’Unione europea, conservando naturalmente il razzismo verso i migranti, fonte principale e irrinunciabile del suo consenso.
La buona notizia, semmai, è che il partito degli astensionisti è il secondo partito di Francia, riferendosi, le percentuali di sopra, ad appena il 65% degli aventi diritto al voto. In pratica, si sono astenuti quasi 16 milioni di francesi, qualche milione in meno rispetto ai sostenitori di Macron.
Un dato su cui certamente ha influito la scelta di Mélenchon – il candidato di sinistra che al primo turno aveva ottenuto un ottimo 20% – di rompere con la tradizione del “voto utile”.

Su questo, immancabilmente, si è accesa la gara tra i media mainstream per chi sia in grado di produrre il maggior numero di fake news, presentando il risultato come uno scampato pericolo e come una vittoria dei lumi sul pericolo populista.
Come al solito, i tifosi delle elite, hanno colto l’occasione per sbarazzarsi del nemico sporco, brutto e cattivo senza fare i conti con il dato più importante che esce fuori da queste elezioni: l’estinzione dei partiti tradizionali, quello socialista e quello repubblicano, in favore di un tutt’altro che neutro centrismo europeista a cui viene affidato il compito di rinsaldare l’asse con la Germania e spuntare condizioni favorevoli per sé, ad esempio la possibilità di sforare sistematicamente il limite del 3% sul debito pubblico, cosa che la Francia fa ormai da 10 anni con il consenso tacito di Bruxelles. Un trattamento di favore che qualsiasi altro Paese della UE può solo sognare.

Se questa è la prospettiva c’è davvero poco da festeggiare. In primis per i francesi, che vedranno fatalmente deluse le proprie aspettative di preservare quel che rimane del proprio welfare – di cui gli altri cittadini europei sono stati privati già da tempo –, e poi per gli altri Paesi componenti della UE, i quali vedranno svanire l’illusione di un’Europa politica democratica e solidale, minacciata oggi più che mai dal nazismo finanziario di cui il barrage neoliberale uscito vincitore da queste elezioni è espressione diretta.

Paolo Di Lella100 Posts

Nato a Campobasso nel 1982. Ha studiato filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Appena tornato in Molise ha fondato, insieme ad altri collaboratori, il blog “Tratturi – Molise in movimento” con l'obiettivo di elaborare un’analisi complessiva dei vari problemi del Molise e di diffondere una maggiore consapevolezza delle loro connessioni. Dal 2015 è componente del Comitato scientifico di Glocale – Rivista molisana di storia e scienze sociali (rivista scientifica di 1a fascia), oltre che della segreteria di redazione. Dal 2013 è caporedattore de Il Bene Comune e coordinatore della redazione di IBC – Edizioni. È autore del volume “Sanità molisana. Caccia al tesoro pubblico”. È giornalista pubblicista dal 2014

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