Campo da golf=prato con le buche
Vi è un progetto per l’ampliamento dell’impianto di Filignano. Il golf da sport esclusivo si candida a diventare sport per tutti.
Decidere l’ampiezza di un campo da golf non può essere un’operazione esclusivamente di tipo tecnico, cioè basata sui regolamenti sportivi. Il golf, infatti, è un’attività in cui si uniscono l’esercizio fisico e il piacere di immergersi nella natura e, perciò, la determinazione dell’estensione di un impianto destinato a questo sport è basata sulla scelta di ricomprendere al suo interno dei particolari elementi ambientali. I nuovi materiali dei quali sono composte le palline e le mazze permettono una maggiore lunghezza del lancio e ciò porta a distanziare fra loro le buche: con 9 buche, così come in programma a Filignano, il circuito che devono compiere i giocatori diventa più lungo. Tale camminata permette in un luogo particolarmente bello quale è questo Comune compreso nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo di ammirare scorci paesaggistici di rilievo. Tornando alla questione della normativa tecnica sugli impianti per lo sport è difficile stabilire la quantità di superficie da occupare perché dipende dalle caratteristiche del sito che quando non è sufficientemente interessante dal punto di vista naturalistico occorre arricchire le sue valenze magari acquisendo ulteriori particelle per aprire, mettiamo, nuovi scenari.
Non è l’unica strada, però, quella dell’allargamento potendosi provvedere a riqualificare oppure a potenziare i valori del paesaggio presenti nell’area a disposizione (ad esempio, creando un laghetto). Tutt’altro discorso è, ovviamente, quello dei campi da golf posti negli ambiti urbani per consentire la frequentazione da parte dei residenti che possono raggiungerli con facilità perché accanto alle proprie abitazioni; essi sono meno attraenti dal punto di vista del volo delle palline, con la modellazione del terreno in modo da attribuirgli una determinata pendenza. Per le attrezzature sportive ricadenti nel perimetro cittadino l’iniziativa costruttiva è, di regola, dell’autorità pubblica, in quanto servizi indispensabili, ma ciò non avviene per il golf che, perlomeno in passato veniva considerato un esercizio fisico elitario; in effetti, anche le strutture per il tennis non rientrano tra le opere considerate di competenza delle istituzioni locali, forse perché il tennista come il golfista gioca in maniera individuale, mentre il gruppo assicura un maggior coinvolgimento di persone che spinge gli enti a farsene carico. Qualunque sia il tipo di infrastruttura per lo sport la tendenza attuale è quella, nonostante la proprietà rimanga del Comune o della Provincia, di affidarne la gestione a privati, specie ad associazioni sportive. Queste ultime garantiscono forse più che gli uffici delle amministrazioni una risposta adeguata alle esigenze degli sportivi in quanto composte da gente praticante in prima persona quello sport.
Inoltre, tali organizzazioni appartenendo al mondo del volontariato ci mettono un impegno superiore a quello che potrebbero fornire dipendenti pubblici specie perché legati agli orari d’ufficio. In definitiva, le associazioni sportive sono garanzia, da un lato, di professionalità e, dall’altro, di sensibilità. Da non trascurare per quella componente di lavoro volontario che connota le ONLUS che esonerando dalla gestione l’ente pubblico permette risparmi per le casse erariali. Gli oneri gestionali sono, di certo, consistenti ed, allora, non si deve escludere un sostegno finanziario d parte delle istituzioni che, così, possono richiedere l’apertura degli impianti ai non soci. Innanzitutto alle scolaresche anche in considerazione del fatto, stiamo focalizzando l’attenzione sul golf, che strutture idonee non sono prevedibili presso gli edifici scolastici. È interesse delle amministrazioni locali sostenere pure economicamente le associazioni sportive per i rientri che possono derivare alla collettività dalle manifestazioni che esse organizzano. Le gare, specie quando di carattere nazionale e interregionale, attraggono spettatori e, quindi, turisti.
Per l’alloggiamento del pubblico in occasione delle competizioni sono indispensabili gli alberghi o altro tipo di ricettività cose che a Filignano mancano e, perciò, vanno ritrovate in un ambito più ampio, da Venafro a Isernia, prevedendo bus-navetta per gli spostamenti dei visitatori e degli sportivi. Del resto, non è auspicabile un intenso movimento di auto private sia per l’inadeguatezza della stradina esistente ad un traffico sostenuto sia per la scarsità di parcheggi presso il campo da golf, sufficiente solo nei momenti tranquilli, sia, soprattutto in quanto i mezzi a motore rischiano di alterare il clima di tranquillità che si avverte in questo posto. Sarebbe auspicabile, ma si ammette non realistico, che le persone si rechino qui effettuando un percorso a piedi, peraltro molto piacevole trovandosi lungo una stradina che conduce al campo una serie di edicole votive, “segno” forte della religiosità popolare. Le macchine, poi, provocano disturbo alle specie animali che frequentano la zona, riconosciuta quale Sito di Importanza Comunitaria; anche il progetto di ampliamento del campo ha dovuto tener conto di tale aspetto lasciando delle buche nella recinzione che lo delimita per il passaggio della piccola fauna.
Rimanendo nella tematica del SIC è da aggiungere che il nuovo perimetro del campo da golf, che non include superfici boscate da eliminare essendo il bosco di notevole pregio naturalistico; in definitiva, la versione futura del campo si adegua alla conformazione del sistema boscoso che lo circonda e del quale esso viene a costituire una sorta di estesa radura. O meglio una «cesa», termine nella sua etimologia derivante dal latino significa “tagliato”, “reciso” e cioè che identifica le particelle dove venne effettuato un disboscamento allo scopo di sfruttarle per uso agricolo. Che vi fossero impiantate delle coltivazioni lo denuncia il terrazzamento, in verità lieve, del terreno, il quale costituisce la particolarità di questo campo da golf in cui si conserva integra l’immagine territoriale originaria e con essa lo strato erboso presente, non sostituito con altra varietà di vegetazione come avviene altrove (scelta, ad ogni modo obbligatoria, per l’assenza di acqua per l’irrigazione di un eventuale prato all’inglese).
Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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