L’antipolitica di Frattura & Co.
“Lei sa poco o nulla!” è l’espressione ripetuta in modo ossessivo dal vice-presidente della Giunta regionale Vittorino Facciolla, in piena crisi di nervi, rivolta al giornalista delle Iene che lo incalzava, qualche settimana fa, a margine di un incontro pubblico, su un capitolo di spesa relativo al gruppo consiliare che egli presiede (e di cui è anche unico componente), ritenuto illegittimo dalla Corte dei Conti nel suo ultimo rapporto.
In estrema sintesi, tra le spese del gruppo consiliare Unione per il Molise, presieduto dall’assessore Vittorino Facciolla, vi sarebbe un capitolo relativo all’affitto di un appartamento situato in via Garibaldi 46 al modico costo di quasi 600 euro mensili. Niente di male, se non fosse per un piccolo particolare: pare che la sede non sia mai stata utilizzata per motivi legati all’attività politica del gruppo. Filippo Roma, da buona iena, ha citofonato a tutti gli inquilini della palazzina e tutti hanno confermato di non aver mai visto attivisti entrare o uscire dall’appartamento. Dunque, nessuno ha mai affermato che Facciolla abbia utilizzato l’appartamento per fare a pezzi le sue vittime, di sicuro, però, è stato utilizzato denaro pubblico senza che la collettività ne abbia giovato in alcun modo. Peraltro, come giustamente sottolineava la iena, il gruppo ha già un suo ufficio presso la sede del Consiglio regionale, in via IV novembre, così come tutti gli altri gruppi.
Comunque, quello che colpisce, al di là di tutto, è la reazione di Facciolla il quale, nonostante l’assoluta evidenza e inconfutabilità degli argomenti contestati dalle iene, ha preferito negare le proprie responsabilità rendendo il finale del servizio a dir poco tragicomico, con la iena che si recava dal Presidente del Consiglio regionale Vincenzo Cotugno e, dopo averlo immancabilmente umiliato constatandone l’impreparazione istituzionale, lo costringeva a telefonare a Vittorino per chiedere la restituzione della somma impegnata impropriamente. A proposito: sapete qual è stata la risposta di Facciolla alla richiesta di Cotugno? Di avere già disposto il bonifico! Ma come, non era innocente? Altro che “poco o nulla”, il giornalista era informato benissimo!
Oltretutto, questa figura di merda da parte di Facciolla arriva dopo un’altra inchiesta, sempre delle Iene. Tre anni fa davanti al Consiglio ci vergognammo tutti al posto suo. Oggetto, ancora le spese del gruppo regionale. In particolare, il capitolo riferito al pagamento dei portaborse. Paolo Calabresi: dove sono finiti i soldi previsti per pagare i portaborse? Lei ce l’ha un portaborse? Facciolla: assolutamente sì, ora lo chiamo… Pronto, Vincenzo, sono qui con le Iene… vogliono sapere se sei il mio portaborse… La risposta: assolutamente no. Facciolla chiude la telefonata: ok, ok!
Al che il giornalista lo guarda con aria stupita, come a dire: hai visto, e mo come la metti? E Facciolla, epicamente: no, nel senso che non è che non sia il mio portaborse… Tripla negazione! Un record.
Ora, il punto vero e cruciale della vicenda è che in un paese civile, a queste dimostrazioni di refrattarietà alla trasparenza nell’esercizio di una carica pubblica (stiamo parlando del vice-presidente della Giunta) dovrebbe seguire quantomeno una mozione di sfiducia. E invece niente, come se niente fosse accaduto.
Del resto, meravigliarsi di questo – indignarsi è il minimo – è a dir poco da ingenui.
Due anni fa, sempre le Iene (è significativo anche il fatto che sia una trasmissione per ragazzi a far emergere certe verità) denunciarono il caso di una signora, Mariarosaria Cerio, espropriata dalla casa di cui era affittuaria con metodi criminali. L’abitazione di questa signora si trovava all’interno di una villa acquistata da una società (PTS Village) riconducibile al nostro presidente della Giunta Paolo di Laura Frattura e al suo socio Gianluigi Torzi per una somma risibile. Per farla breve, allo scopo di prendere possesso dell’intero stabile, Frattura e il suo socio propongono alla proprietaria della villa, Iole Varanese, di cedere anche la pertinenza della villa dove viveva la signora Cerio. Solo che in cambio gli offrono un assegno scoperto. Al comprensibile diniego della proprietari i due rispondono cambiando la serratura del cancello così da impedirle l’accesso. Quindi, interviene la polizia per garantire il diritto dell’affittuaria ad accedere alla sua abitazione. A questo punto l’epilogo vergognoso: un bel giorno la signora trova il proprio appartamento completamente vuoto. Erano stati divelti persino i termosifoni e le porte. Ma non finisce qui. Gli inquirenti, poche ore dopo, ritrovano parte dell’arredamento in un magazzino nelle piane di Larino di proprietà del socio di Frattura.
Un fatto di una gravità inaudita.
Ci si sarebbe aspettato, in un paese non dico civile ma almeno non sottoposto all’arbitrio dei potenti, che il presidente della Giunta, non dico in sede istituzionale (sarebbe chiedere troppo), ma per lo meno tramite una conferenza-stampa, spiegasse ai cittadini molisani quale fosse la natura dei suoi rapporti con un tale energumeno. E invece niente. Qualche giorno dopo, il presidente Frattura convoca una conferenza-stampa per annunciare urbi et orbi che il Procuratore aggiunto di Bari aveva presentato presso il proprio Tribunale la richiesta di rinvio a giudizio per Fabio Papa, all’epoca dei fatti magistrato presso il Tribunale di Campobasso (a cui successivamente viene affidata l’inchiesta sull’affaire Biocom), e per la direttrice di Telemolise Manuela Petescia, con l’accusa di tentata estorsione, tentata concussione, violazione di segreto d’ufficio, abuso e falso. In sostanza, avrebbero ricattato il presidente, in presenza del suo avvocato Di Pardo, durante una cena avvenuta nella casa di Papa, minacciando di dare impulso alle indagini sulla BioCom, al fine di estorcere finanziamenti per Telemolise.
Sui rapporti con Torzi niente. Anzi, ci tiene a precisare, Frattura, che di lì a qualche giorno avrebbe riconvocato i giornalisti per fare chiarezza sulla questione. Ebbene, a distanza di due anni stiamo ancora aspettando.
A proposito della cena, vale la pena soffermarsi un attimo.
Circa un mese fa, il Tribunale di Bari ha emesso la sentenza nei confronti di Manuela Petescia e Fabio Papa. Entrambi assolti con formula piena in quanto “i fatti non sussistono”. Dunque la famosa cena non c’è mai stata. Noi, che pure in passato siamo stati tutt’altro che teneri nei confronti della direttrice di Telemolise, avevamo espresso già in occasione di quella notizia, forti perplessità. Ci pareva alquanto strano, nello specifico, il fatto che né il presidente Frattura né l’avvocato Di Pardo, nonostante avessero ricostruito con dovizia di particolari la serata incriminata, non si ricordassero in che giorno fosse avvenuta. Come anche ci sembrava strano il fatto che la Petescia avesse posto in atto un ricatto, che tra l’altro coinvolgeva anche un magistrato, in presenza del legale di Frattura. “Ci sembra troppo anche per lei”, scrivemmo testualmente.
Fatto sta che gli inquirenti hanno verificato che per un arco di tempo ben più largo del periodo indicato da Frattura, mai i cellulari dei quattro si sono trovati insieme nello stesso luogo e nello steso tempo. E addirittura pare – aspetto per certi versi ancora più inquietante – che la descrizione da parte delle “vittime” dell’interno dell’abitazione di Fabio Papa corrisponda a parti della casa visibili dall’esterno… E qui ci fermiamo.
Aggiungiamo soltanto che da ben due anni, i finanziamenti destinati ai giornali, un milione di euro l’anno, previsti dalla Legge n°11 di sostegno all’editoria regionale, approvata a maggio 2015, sono congelati a causa dei numerosi ricorsi. Questo perché la Legge, come fece notare all’indomani della sua approvazione in Consiglio, Giuseppe Di Pietro, presidente dell’Assostampa, è troppo farraginosa e complessa nella valutazione e nel computo delle spese ammissibili per la determinazione dei contributi alle imprese editoriali richiedenti. In poche parole non funziona. Ma Frattura fa orecchie da mercante e con un’indolenza esasperante dichiara addirittura davanti al Prefetto che la legge va bene così. Pazienza se i giornalisti non prendono lo stipendio, la sola preoccupazione di Frattura è quella di soffocare Telemolise.
Siamo messi così, che piaccia o no. Sotto il giogo di tiranni che non possono essere neppure giudicati politicamente; ma semplicemente perché di politico nel loro agire non c’è proprio nulla. Il loro solo obiettivo è gestire il potere in funzione dei propri infimi interessucci immediati. I loro predecessori democristiani guardavano ad un orizzonte certamente meno angusto; perseguivano un modello di sviluppo profondamente sbagliato, ma il loro campo di azione perlomeno era politico. Quella che stiamo vivendo – è vero anche in generale ma qui assume forme brutali – è un’epoca post-democratica, non solo per la sudditanza dell’esecutivo alle regole imposte dalla troika, ma anche perché vi si ravvisa la fine della mediazione. Il Governo da una parte e i cittadini dall’altra. E se qualcuno chiede loro spiegazioni, si sente rispondere che “poco o nulla sa” e che poco o nulla deve sapere.
Paolo Di Lella100 Posts
Nato a Campobasso nel 1982. Ha studiato filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Appena tornato in Molise ha fondato, insieme ad altri collaboratori, il blog “Tratturi – Molise in movimento” con l'obiettivo di elaborare un’analisi complessiva dei vari problemi del Molise e di diffondere una maggiore consapevolezza delle loro connessioni. Dal 2015 è componente del Comitato scientifico di Glocale – Rivista molisana di storia e scienze sociali (rivista scientifica di 1a fascia), oltre che della segreteria di redazione. Dal 2013 è caporedattore de Il Bene Comune e coordinatore della redazione di IBC – Edizioni. È autore del volume “Sanità molisana. Caccia al tesoro pubblico”. È giornalista pubblicista dal 2014
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