Casa biocompatibile se anche il giardino lo è

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Non si possono disgiungere l’edificio dallo spazio esterno se si vuole raggiungere un elevato livello di sostenibilità ambientale

Per la configurazione di residenza ecologicamente sostenibile un ruolo decisivo lo ha anche il suo spazio di pertinenza. Vediamo quali sono gli interventi capaci di conferire caratteri di biocompatibilità all’area esterna cominciando da un luogo che abitualmente non siamo abituati a considerare parte dell’ambiente circostante alla casa, bensì porzione di quest’ultima, ed è il tetto quando esso è piano. Se esso viene trattato a mò di lecourbusiano tetto giardino esso contribuisce ad integrare l’edificio, specie se basso, nel paesaggio. Il vantaggio di una copertura a verde è quello pure di aumentare l’isolamento termico dell’edificio. C’è qualcuno che è proprio innamorato di tale trattamento dell’estradosso dell’ultimo livello del fabbricato, ma va detto che, comunque, la copertura a terrazzo in cui cresce l’erba rimane una cosa artificiale e che la vegetazione è un tentativo di naturalizzazione, senza rimanere abbagliati dal verde attribuendo un valore salvifico a questo colore. Il tetto è importante in chiave di sostenibilità anche quando è a falde se supporta pannelli fotovoltaici (meglio, tegole fotovoltaiche integrate nel manto di copertura) o solari per la produzione di acqua calda, sempre che risultino compatibili con il contesto paesaggistico.

Parlando adesso della superficie esterna vera e propria iniziamo dalla sua delimitazione che è preferibile in riferimento a ragioni ambientali che sia composta da una siepe, sovrapposta o meno alla recinzione; in alternativa sono ammesse fasce alberate e la scelta della tipologia di chiusura del lotto va fatta valutando se nel paesaggio agrario tradizionale prevale l’una o l’altra. Nel secondo dopoguerra per via della meccanizzazione in agricoltura si è avuta una quasi totale scomparsa delle siepi poiché ostacolo al lavoro dei trattori e, di qui, la necessità di una ricostituzione di questi elementi vegetali lineari i quali fungono da corridoio biologico. Lungo simili canali si muove la microfauna e perciò si favorisce la dispersione delle specie animali. Le siepi contribuiscono alla riduzione della frammentazione degli habitat, un grave danno all’ecosistema causato dalle forti trasformazioni che sta subendo il territorio. Le siepi in un ambito destinato a colture intensive costituiscono un fattore di biodiversificazione, un obiettivo primario da perseguire nel campo della tutela della natura. Tali azioni sono tanto più significative se si è all’interno di un biotopo. Modificando la visuale, si sottolinea la funzione delle siepi quali barriere acustiche. Le siepi segnano i limiti della proprietà dentro la quale il verde assume altre forme.

Una possibile è quella dell’orto, che si incontrava spesso presso le abitazioni e che, dunque, è una destinazione del terreno che appartiene alla tradizione e così al paesaggio tipico. Oggi che in borghi tratti dalle nostre campagne domina l’incolto le attività orticole, associate o meno ad alberi da frutto, oppure i veri e propri frutteti sono fondamentali per restituire un’immagine produttiva ai panorami molisani. L’orto è, in definitiva, multifunzionale e tra la pluralità di funzioni alle quali assolve vi è quello dell’autoproduzione del cibo che è a Km. zero con un risparmio sugli acquisti alimentari e che proprio perché l’orto è curato dalla famiglia dà garanzie ai suoi componenti di mangiare prodotti biologici. Nell’orto può avvenire il compostaggio dell’organico contribuendo in questo modo alla riduzione dei rifiuti. Una differente attitudine dello spazio adiacente alla dimora è di diventare un giardino sia «mediterraneo», quello di origine araba, un luogo di delizie connotato da piante frutticole e dall’orticoltura, sia ornamentale. Qui si può praticare l’hobby del giardinaggio e godere del tempo libero all’aperto. Nel giardino rinascimentale, detto all’italiana, vi sono viali, aiuole e parterre con siepi che incorniciano vedute che si aprono su suggestivi scorci paesaggistici, come essenze arboree sempreverdi e alberi con foglie caduche, con mescolanza studiata di piante aventi chiome di colorazione differente e di differenti cicli vegetativi in modo da ottenere una varietà di tinte nelle diverse stagioni. Vi è la compresenza di piante piccole e alte, giovani e vecchie le quali ultime hanno il diametro del tronco più grande.

Vi è, poi, il giardino pittoresco, affermatosi inizialmente in Inghilterra con finte grotte e copie di statue antiche per creare particolari atmosfere. I materiali da impiegare nelle opere di sostegno e nelle pavimentazioni vanno scelte tra quelli biocompatibili, ottenuti con componenti riciclati e riciclabili, appartenenti alla tradizione costruttiva locale, naturali (esempio, muretti a secco); il legno compare nei pergolati e nelle tettoie. Rimanendo alle strutture che si addicono ai giardini vi sono le serre le quali quando sono adiacenti alle case si integrano ad esse, oltre ad essere partecipi dello spazio esterno; esse permettono di conservare l’energia interna fungendo da masse di accumulo di calore. Esse si dispongono sulle pareti sulla base di analisi sull’orientamento del fabbricato rispetto al movimento del sole, garantendo sui lati freddi l’isolamento termico, le vetrate aprendosi d’estate lì dove c’è maggior soleggiamento. Esse, è ovvio, si combinano con i frangisole ovvero i brise-soleil e le tende ritraibili che si piegano a seconda delle esigenze.

La microclimatizzazione la si ottiene, inoltre, con gli alberi posizionati nel giardino valutando le esigenze di irraggiamento dell’edificio, evitando che le ombre portate possano ridurre la luminosità dei vani abitativi, ecc.. Da ciò emerge che per avere una «casa passiva», cioè energeticamente sufficiente a sé stessa, bisogna stabilire una relazione stringente tra interno ed esterno inserendo la vegetazione nel progetto architettonico. C’è un tema che finora non è stato trattato e che però è centrale nell’organizzazione di una superficie all’aperto biocompatibile che è quello dell’acqua. È importante raccogliere l’acqua piovana in una pozza per molteplici ragioni. La prima è che le zone umide sono habitat speciali per piante e animali (in particolare gli uccelli); la risorsa idrica è una sorta di linfa vitale per il sistema naturale. La seconda è che un laghetto, pure se microscopico, arricchisce il paesaggio ed è un ornamento prezioso per il giardino. La terza è che l’immagazzinamento delle piogge in appositi stagni serve a ridurre il dilavamento del suolo causato dalle acque di scorrimento superficiale e, di conseguenza, da un lato, di prevenire movimenti franosi nell’intorno, al di là della recinzione e, dall’altro lato, sempre nell’ambito territoriale circostante, di ridurre il rischio inondazione impedendo che le acque si immettano in un ruscello. Il quarto è che la ritenzione dell’acqua in bacini permette l’innaffiamento del giardino, del tetto verde o della serra. Il quinto è che lo specchio idrico consente la fitodepurazione delle acque «grigie» opportunamente convogliate in esso. Rimanendo su questa questione è da raccomandare che non si impermeabilizzi il terreno del giardino per non ostacolare la penetrazione dell’acqua nel sottosuolo per arricchire la falda. Questo è quanto.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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