Una casa a misura della nuova famiglia
di Francesco Manfredi-Selvaggi
I dati statistici ci parlano di una evoluzione della composizione famigliare alla quale si dovranno adattare le tipologie abitative.
L’edilizia sociale, o almeno le esperienze finora compiute nel nostro Paese, ha un carattere di forte sperimentalità non avendo ancora ricevuto una codificazione architettonica definita. Sembra più propria per questo particolare comparto dell’edilizia abitativa la configurazione di nuove tipologie edilizie, innovative rispetto a quelle oggi più frequentemente utilizzate (cioè case in linea, a schiera, ecc.). Ciò nonostante si ritiene che sia possibile adottare ai fini dell’edilizia sociale anche i tipi edilizi per così dire tradizionali, ma ciò richiede alcuni adattamenti in termini distributivi. Tra questi si individua quello della «flessibilità» dell’alloggio. Esso consente di rispondere con facilità al mutamento del fabbisogno di spazi per abitare nel tempo. La flessibilità può essere di due modi, l’una che chiamiamo a superficie costante, nella quale i divisori interni cambiano disposizione in relazione all’esigenza di modificare i vani per garantire, mettiamo, una certa autonomia di qualche componente della famiglia, l’altra è la flessibilità “evolutiva” attraverso la possibilità di aggregare vani dell’appartamento contiguo in modo da consentire la crescita progressiva della casa seguendo il mutamento delle esigenze familiari.
Mancando tuttora prototipi di sicuro riferimento e schemi compositivi concepiti appositamente per l’edilizia sociale da utilizzare quale guida è davvero difficile predisporre una convenzione unica da sottoscrivere con l’amministrazione locale per realizzare tali interventi per cui essa non può che derivare da singoli accordi e la medesima cosa vale per la determinazione del costo dell’alloggio da fissare nella convenzione. Vale la pena evidenziare la differenza che intercorre con l’edilizia residenziale pubblica in tutte le sue forme dove sono stati messi a punto ormai da tempo studi tipologici che se da un lato, hanno portato alla standardizzazione dei fabbricati, con il vantaggio, peraltro, della facilitazione della progettazione anche attraverso la redazione di manuali, dall’altro lato, garantiscono, in quanto abbondantemente collaudati in tanti episodi di architettura popolare la qualità dell’abitazione. La differenziazione sostanziale è, comunque, che i tagli degli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica sono tutto sommato in numero ridotto non rispecchiando il variegato quadro del fabbisogno abitativo odierno (nel quale è compreso, va sottolineato, quello della casa in affitto, modalità di possesso congruente con un connotato saliente della nostra società che è quello della mobilità).
La flessibilità, insieme al cohousing, alla condivisione di ambienti per attività comuni, alle residenze protette inserite in complessi immobiliari, ecc. tende a soddisfare le esigenze di una committenza composita e, a questo punto, si ritiene utile riportare alcune analisi frutto di ricerche aggiornate sulla struttura familiare attuale del Paese. Senza nessuna pretesa di organicità si trascrivono brani tratti da questi saggi, alla lettura integrale dei quali si rimanda per approfondimenti, evidenzianti le più salienti trasformazioni in corso nella famiglia italiana. Cominciamo dal volume «Demografia del capitale umano» a cura di Massimo LIvi Bacci edito da Il Mulino nel 2011 che è una rielaborazione aggiornamento di un lavoro promosso nel 2007 dai Presidenti della Camera e del Senato. A proposito della suddivisione della popolazione per fasce d’età qui si dice: «meno nascite e più longevità significano diminuzione dei giovani e giovanissimi e forte aumento degli anziani e molto anziani: un processo di invecchiamento che in Italia è più veloce rispetto ai grandi paesi europei… l’invecchiamento continuerà ad accentuarsi per almeno un paio di decenni».
Si parla poi de «le modificazioni strutturali della famiglia che si sono concentrate in una forte diminuzione delle dimensioni (la media è scesa da 4,1 componenti nel 1951 a 2,5 nel 2008); nell’aumento della proporzione delle persone che vivono da sole, nella diminuzione del numero dei figli, nell’aumento dell’instabilità familiare per separazione o divorzio, nell’aumento delle famiglie monogenitore ed in quelle ricostituite. Nel «Rapporto annuale del 2016 La situazione del Paese» dell’ISTAT relativamente alla famiglia c’è il seguente passo: «La famiglia tradizionale composta dalla coppia coniugata con figli non è più il modello dominante e rappresenta nel 2014-2015 il 32,9% del totale delle famiglie. Al contrario, aumentano le nuove forme familiari: le famiglie unipersonali di giovani e adulti (non vedovi) sono più che raddoppiate e riguardano il 7,9% delle famiglie». Si riporta adesso una piccola frase sull’invecchiamento: «Invece di crescere, la popolazione invecchia».
Il volume «Rapporto sulla popolazione» edito da Il Mulino nel 2015, promosso dal Consiglio Scientifico dell’Associazione Italiana per gli Studi di popolazione e della Società Italiana di Statistica, commenta i dati del Censimento generale della popolazione e delle abitazioni del 2011 i quali «mostrano un aumento del numero di famiglie: 24,6 milioni, cioè 2,8 milioni in più rispetto al Censimento del 2001. Si tratta di famiglie sempre più piccole: nel 2011 le famiglie uni personali sono il 31,2% (13,7 punti percentuali in più rispetto al 2001). “Tra le tipologie familiari emergenti vi sono le famiglie definite monogenitoriali e quelle ricostituite”; “ambedue sono particolarmente fragili dal punto di vista economico”. Interessante è, perché meno conosciuta, la categoria delle famiglie ricostituite la quale «comprende le nuove unioni formate da uno o entrambi ex partner, con o senza figli dalle precedenti unioni…. La maggior parte delle famiglie ricostituite sono tali in conseguenza di separazioni e divorzi (non vedovanza); poco più della metà (54,2%) delle coppie ricostituite ha anche dei figli; si tratta per la maggior parte di figli nati dalla nuova unione (63,8%) ma non mancano le coppie con figli di uno solo dei due partner (21,9%) e quelle con figli nati sia da precedenti unioni sia da quella attuale (14,3%) definendo sicuramente un contesto familiare complesso”. L’ultimo richiamo è al testo Demografia del capitale umano nel quale si descrive la nuova condizione di tante donne, una delle figure che ha bisogno di maggior sostegno la quale è quella che «vivere come single, in coppia di fatto o come madre sola diventano comportamenti sempre più diffusi e accettati».
Francesco Manfredi Selvaggi645 Posts
Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.
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