I muri e le mura

di Francesco Manfredi-Selvaggi

I muri sono quelli delle case e le mura sono quelle urbane: c’è un rapporto strettissimo tra loro.

L’impianto urbano di un insediamento medioevale è condizionato più dalla cinta muraria che dal castello perché quest’ultimo a volte sorge isolato (vedasi Roccamandolfi, Longano, ecc.). Non sono molti i comuni molisani nei quali la viabilità cittadina risulta condizionata dalla presenza della struttura castellana e tra questi si cita Campobasso dove una serie di stradine, prendi via S. Cristina oppure via Pizzoferrato, che si inerpicano dritte verso la cima del monte S. Antonio sul quale sta l’antica dimora dei Monforte. Va pure detto che, ad ogni modo, sia che sul vertice del colle vi sia il maniero sia che non vi sia la rete viaria si sviluppa prevalentemente in salita perché i nostri centri sono, in prevalenza, collinari: il primo caso è Cerro al Volturno, il secondo è, per certi versi, Trivento.

Lo schema stradale può essere, per superare il dislivello, ad avvolgimento, a ventaglio o radiale, ma vi sono anche situazioni insediative caratterizzate da altri modelli quali quelli labirintici che possono far pensare ad influenze arabe come certi vicoli ciechi di S. Massimo. Non vi sono nel Molise agglomerati storici, salvo Altilia che, però, è di epoca romana, con un rete di percorsi ortogonali fra loro i quali si addicono ai luoghi di pianura; è da evidenziare che quando la conformazione della viabilità è irregolare anche la suddivisione dei lotti edificabili non è omogenea, mentre la scacchiera che consente una ripartizione delle particelle fabbricabili è regolare.

Nel capoluogo regionale la via principale e cioè l’asse semicurvilineo che comprende via S. Antonio Abate e via Ziccardi segue l’andamento delle mura e questa osservazione ci introduce al tema del rapporto di cui si è annunciato all’inizio tra murazione e disegno urbanistico che si approfondirà nel seguito. Si incomincia da un punto particolare della cerchia urbica che è costituita dalla porta, o meglio dalle porte in quanto sempre l’ingresso al borgo non è uno solo. Le porte sono collocate in corrispondenza delle percorrenze extraurbane che hanno qualche continuità con quelle intramoenia (a Boiano la porta di S. Biagio è l’accesso in città del tratturo il quale diventa un’arteria cittadina, il cosiddetto vico pe’ dentro).

La porta è essa stessa l’elemento attrattore di abitazioni che vengono a formare delle piccole appendici dell’abitato all’esterno delle mura lungo direttrici di collegamento intercomunali, i classici sobborghi. La continuazione delle strade di lunga percorrenza nell’aggregato urbano non è una regola assoluta riscontrandosi delle evidenti discontinuità: a Fornelli si entra attraverso una porta il cui androne ha una forma «a baionetta» (elemento a zig zag) la quale è dettata da ragioni difensive, mentre a Vastogirardi entrando si incontra una piazza che si raggiunge direttamente dalla porta senza che vi sia la necessità di dover compiere alcun percorso.

Sulla porta di quest’ultimo paese si sovrappone la residenza feudale e ciò per un duplice ordine di motivi che sono quello della volontà di voler far coincidere la porta urbica che è qualcosa di imponente con quella del palazzo baronale, dunque per una questione di prestigio, e quello di favorire l’immediatezza dell’intervento armato e, nello stesso tempo, della ritirata, ovvero fuga, del feudatario poiché la porta è connessa con una via utile per scappare via; inoltre, il castello è naturale che sia per la sua funzione direzionale la meta delle strade che stanno dentro il borgo. Se al castello è permesso situarsi a cavallo delle mura le altre costruzioni residenziali dovevano tenersene alla larga.

Si chiama pomerio la fascia da lasciarsi libera vicino alla cinta muraria e anche questo fatto è interpretabile da una doppia angolatura: da un lato vi è l’attribuzione di un valore sacro alle mura la cui edificazione costituisce l’atto fondativo di una città (un po’ il solco scavato da Romolo che segnava il limite della futura Roma), sacralità che significa inviolabilità, dall’altro lato la necessità di impedire che i sassi lanciati dagli assalitori possano colpire abitazioni e, nello stesso tempo, di consentire ai difensori di correre da un punto all’altro del perimetro urbano. È quella striscia di territorio adattata a strada a Campobasso della quale già si è detto.

All’estradosso della murazione a volte vi è il fossato che, però, è tipico degli insediamenti di pianura che qui da noi in quel periodo storico non esistevano; nelle rare volte che vi sono stati fossati, magari naturali e non artificiali, essi sono sati colmati e trasformati in strade (a S. Massimo via Fosso adiacente alle mura poi diventata via Roma rivela nel suo toponimo l’origine e a Termoli il borgo antico era separato dall’espansione feudataria da un valloncello che dopo essere stato tombato è adesso l’arteria di collegamento con il porto). Vi sono percorsi non solo ai piedi della cinta, ma pure nella sommità e ciò succede a Scapoli, Fornelli e a Sepino, intramezzati in questi ultimi paesi da supportici, quindi passaggi ricavati al di sotto di corpi di guardia che sono più alti delle mura.

I camminamenti devono obbligatoriamente essere in piano per permettere alle truppe di muoversi con celerità senza essere ostacolati dai gradini. Sulle mura si addossarono, una volta terminato il loro scopo militare, case che sfruttano da un lato quale parete proprio la murazione e di qui ne deriva che la schiera di fabbricati addossata alla cinta ha un’altezza costante. Alcune abitazioni poste sul perimetro murario si collocano nelle torri che rinforzano di tanto in tanto la cortina e, in particolare, in vicinanza delle porte, il punto più debole. La cerchia muraria è un investimento notevole per la comunità insediata sia nel momento della erezione sia in seguito per la manutenzione.

Forse per tale motivazione la cerchia muraria non è continua al contorno dell’abitato omettendo la sua costruzione quando sono presenti difese naturali quali uno strapiombo o massi rocciosi. Ad Agnone dove rimane a testimonianza della murazione la porta “semiurna” (volta a mezzogiorno) e nella toponomastica la porta S. Nicola (dal nome della bella chiesa vicina) la murazione racchiude oltre alle case vasti spazi vuoti destinati alla coltivazione per l’approvvigionamento alimentare della popolazione presente in città tra cui gli «orti francescani» a servizio del celebre monastero di S. Francesco. Il sovradimensionamento delle mura non è una cosa nuova in quanto ad Altilia era finalizzata ad una successiva espansione dell’aggregato abitativo. La murazione va, comunque, rapportata al numero di effettivi disponibili a presidiare la cortina che nei piccoli comuni non doveva essere grande. Anche per questa via si riesce a comprendere il legame indissolubile e il condizionamento reciproco tra murazione e conformazione dell’insediamento.

Francesco Manfredi Selvaggi640 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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