Un passaggio obbligato

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Il sottopasso ferroviario di Boiano costituisce un’esigenza perché si tratta di evitare i tempi di attesa al passaggio a livello e consentire rapidi collegamenti, così, specie nei momenti di emergenza.

Nelle carte geografiche le linee ferroviarie sono rappresentate con una linea nera molto sottile che non serve ad evidenziarle abbastanza, cioè a dar conto del ruolo che occupano nel territorio. Esse costituiscono elementi di separazione fra le diverse parti del contesto territoriale che attraversano; pur quando non sono presenti recinzioni laterali poste in continuità ai binari che impediscono l’accesso alla strada ferrata esse sono sempre un ostacolo al movimento di uomini e animali (e si sta pensando alla fauna selvatica presente nei SIC che nel Molise sono tanti).

Quando poi esse incrociano un percorso viario i passaggi a livello costituiscono una limitazione del traffico e questa è un restrizione più forte specie nei momenti di emergenza quando devono transitare i mezzi di soccorso. Tutti i comuni della fascia matesina sono collegati alla superstrada che corre nel fondovalle con delle bretelle che si innestano su di essa ortogonalmente venendo a formare uno, schema di viabilità a pettine; prima della confluenza con l’arteria di grande comunicazione si rischia, in coincidenza con il passaggio dei treni, di trovare chiuso il passaggio a livello.

Tutto ciò si verifica perché nella piana, quindi da appena sotto al Passo di Vinchiaturo, diciamo Bosco Redole, ad appena prima del valico di Castelpetroso, ferrovia e strada corrono accoppiate e, nel primo tratto, circa la metà del totale, perciò fino a Boiano che è il punto mediano della pianura, la linea ferroviaria antecede, partendo dai centri urbani della vallata del Matese, l’asse stradale; nel tratto successivo la situazione si inverte per cui non si hanno più passaggi a livello che condizionano le percorrenze verso gli abitati.

Riprendendo per un attimo quanto si osservava in precedenza circa l’impedimento degli spostamenti umani e animali (si pensi alle greggi che migrano dalla montagna al piano) trasversali alla strada ferrata è da evidenziare che la barriera è alquanto più consistente se si aggiunge la sede carrabile venendo a costituire, il tracciato per i treni e quello per le automobili, un autentico fascio infrastrutturale. Per fortuna, si sta quasi per esclamare che il tratturo, pur parallelo a queste infrastrutture, se ne distanzia un po’. Ritorniamo, però, alla questione dei punti di incrocio, nel sistema gerarchico di viabilità che qui si coglie in maniera netta, tra la «nazionale» e le strade che conducono agli agglomerati insediativi, continuando a restringere lo sguardo alla metà iniziale della linea ferroviaria.

Le difficoltà di innesto con il traffico cadenzato dagli orari dei treni a causa del passaggio a livello sono maggiormente sentite nella città di Boiano, maggiormente inteso proprio in senso quantitativo per la consistente popolazione che vi risiede. Problemi analoghi per quanto riguarda la sicurezza in termini di raggiungibilità immediata ai servizi ospedalieri o in occasione di eventi calamitosi, potrebbe bastare un incendio, riguardano tutti i comuni ed essi si accentuano nel capoluogo matesino che è di entità demografica molto superiore, tra l’ottavo e il nono posto nella regione.

In aggiunta, Boiano si è sviluppata negli ultimi decenni al di là dei binari che ne avevano costituito per tanto tempo una specie di limite, cosa che non è successa nelle altre entità comunali dove la ferrovia è ben lontana dal nucleo abitativo. Ciò è accaduto perché a Boiano la stazione ferroviaria è all’interno del perimetro cittadino, distanziata dalla piazza principale dalla lunghezza del corso Amatuzio. Vale la pena evidenziare a tale proposito, quello della tangenza dell’ambito residenziale con la ferrovia, e che nonostante che la superstrada si sviluppi abbastanza vicino non si vedono le file di auto che occupano una corsia della stessa, neanche il giorno del sabato, il giorno del grande mercato, come invece succede qualche volta al bivio di Isernia Nord.

C’è, infatti, una sufficiente distanza tra lo svincolo e le funzioni urbanistiche in grado di attrarre persone che ad Isernia non c’è trovandosi subito un volta effettuata la deviazione per la città una viabilità di penetrazione ai quartieri periferici come S. Lucio, un centro commerciale, un grande albergo e senza che si abbia l’intralcio della linea ferrata che per Boiano, anche in questa direzione ovviamente, costituisce una sorta di tappo. Si è detto poco fa che nel resto dei comuni dell’area matesina la linea ferroviaria sta molto distante dai centri e ciò, occorre precisarlo, perché si tratta di borghi collinari mentre il treno predilige le fasce pianeggianti; Boiano è, come si conviene ad una città di origine romana, in pianura e per questo fatto la stazione è prossima all’abitato.

Boiano è cresciuta, pur se i suoi ritmi di crescita sembrano rallentarsi, più dei centri che stanno all’intorno sia in termini abitativi che di attività economiche e il luogo per l’allocazione di tali nuove presenze ormai esauriti gli spazi disponibili dentro la superficie urbanizzata, confinata come si è rimarcato dalla ferrovia al di là di questa: così abbiamo il piano di edilizia residenziale pubblica Terre Longhe, la casa di riposo, un supermercato, rivendite di prodotti per l’edilizia, caseifici, lo stadio, alcune iniziative immobiliari, una pizzeria, un ampio bar, un albergo, ma soprattutto, riferendoci al discorso sul pronto intervento sanitario, il poliambulatorio.

Ci sono, poi, insediamenti industriali tra i quali c’è il Colorificio che non è mai partito, c’è la GAM che per tantissimo tempo è stato un autentico motore dell’economia cittadina e che purtroppo è in crisi, la Laterlite, definitivamente chiusa, e per essi non è corretto parlare di un’estensione dell’urbanizzato perché nella logica dello zoning gli stabilimenti produttivi vanno collocati in una specifica zona urbanistica che, in verità oggi si sta attrezzando con la realizzazione di un’apposita rete viaria. Non ci manca molto e da questo medesimo lato della città c’è la popolosa frazione di Monteverde e di seguito, dopo pochi chilometri, i due comuni satelliti di Spinete e Colledanchise.

La fluidificazione della mobilità attraverso la realizzazione del sottopasso al posto del, passaggio a livello porterebbero ad una migliore integrazione delle diverse parti della città, al di là e al di qua dei binari, insieme ad assicurare la velocità nel trasporto urgente dei malati all’ospedale, in uscita e in entrata, l’arrivo di supporti operativi per far fronte a qualche situazione emergenziale e, in ultimo, ad evitare le emissioni dei motori accesi delle auto ferme in attesa del passaggio del treno.

Francesco Manfredi Selvaggi633 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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