Edificio fatto a pezzi

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Questa volta non a seguito di una calamità ma per capirne il funzionamento strutturale.

Partiamo dal solaio per ripartire le sollecitazioni orizzontali fra gli elementi portanti della struttura vengono chiamate in causa le travi e il solaio che nel loro insieme costituiscono l’impalcato; beninteso che quest’ultimo svolge la funzione di trasmissione degli sforzi indotti da una forza sismica proveniente da una direzione X qualora la sua tessitura sia impostata in direzione Y. È pur vero che travi e solaio formano un complesso unico, ma una qualche capacità di trasferire le sollecitazioni sulle componenti verticali collegate dal solaio le ha anche il semplice solaio.

In altri termini, le travi e i solai dovrebbero avere un vincolo mutuo su tutti e quattro i lati della relativa campata, ma quando, come succedeva nelle costruzioni in zone non classificate simiche, mancano le travi trasversali con il compito di irrigidimento, il solaio è collegato ad un unica travatura la quale è impostata sulle componenti strutturali che portano i carichi verticali. Per essere efficace al fine di trasmettere le sollecitazioni prodotte dal terremoto nel verso opposto a quello al quale fa fronte il sistema travi-pilastri allora è necessario che il solaio lavori ortogonalmente a quest’ultimo.

In genere, in Italia si sono usati telai con orditura unidirezionale formata da travetti in calcestruzzo armato affiancati fra di loro dall’ultimo dei quali, al di sotto delle alette (avendo un profilo a T), sono disposte tavelle in laterizio allo scopo dell’alleggerimento. Hanno una qualche efficacia nello smistamento delle azoni telluriche se la unidirezionalità, e però non può essere altrimenti dovendo essere sostenuti dalle travi in corrispondenza degli estremi di tali travetti, è opposta all’andamento delle pilastrate e se tale telaio è sufficientemente rigido. Questa cosa si avvantaggia della luce non eccessiva dei solai.

Vale la pena evidenziare che l’orditura dei solai può non essere sempre la stessa e ciò va a vantaggio della resistenza sismica in quanto vi sono vani nei quali essa sembra avere un diverso orientamento, contrario a quello prevalente; ciò è in dipendenza della variazione che subisce a tratti la disposizione della struttura portante. Infine, è da notare che i solai non hanno sempre la medesima lunghezza (fatto, è scontato, che ha maggiore rilevanza in territorio sismico dell’ampiezza) con conseguenze sulla risposta agli eventi tellurici perché si è incrementata la loro rigidità quando sono corti.

Tutto quanto detto si ripete per ogni livello ed a quota della copertura quando è piana, ammettendo, comunque, altezze sfalsate, per il corpo scala. Si passa, adesso, all’altezza del fabbricato che incide anch’essa sulla sismicità. Vi dovrebbe essere una certa uniformità nello sviluppo verticale dell’edificio e dunque con prospetti pressoché alla medesima altezza nei due prospetti longitudinali, potendosi ammettere per i fabbricati disposti sul pendio che vi sia il piano che ne aumenta l’altezza a valle.

La scansione per quanto possibile regolare dei livelli e nel caso di edifici lunghi, tenendo conto del giunto che separa i blocchi edilizi permette di evitare la concentrazione degli sforzi derivanti dalle sollecitazioni sismiche in singoli piani. Si dovrebbe evitare che vi sia un piano che per l’assenza di tamponature esterne possa essere assimilato ad un «piano soffice» o altrimenti chiamato piano debole perché il primo a cadere a seguito di un terremoto. Le altezze contenute vanno a vantaggio della resistenza ai sismi. Si parla ora di armatura quella componente della struttura non visibile, ma essenziale.

Non si ha conoscenza generalmente delle armature presenti negli elementi in cemento, appunto, armato, che devono, di certo, esserci. Sono necessari tanto i tondini (oggi si impiegano quelli ad aderenza migliorata, non lisci) lungo l’asse delle travi e dei pilastri, quindi con andamento longitudinale, quanto le staffe che sono disposte ortogonalmente ad essi. Queste ultime sono fondamentali sia per fronteggiare le tensioni che si sviluppano nelle componenti strutturali specie nel cimento sismico sia per la loro capacità di contenimento e di difesa dalla disgregazione dei materiali che formano le aste orizzontali e verticali del telaio; le staffe migliorano, e in modo consistente, la duttilità e la resistenza delle colonne e delle travature e, quindi, nel complesso del sistema strutturale.

La struttura ha bisogno di essere resistente specie nella zona nodale, quella della’attacco tra travi e pilastri, obbligandoli a lavorare insieme impedendo che si abbiano cedimenti in questi punti deboli, perché di discontinuità: si favorisce così il pieno sfruttamento delle risorse plastiche proprie del calcestruzzo armato la cui proprietà principe è quella di deformarsi senza rompersi. La rottura avverrà solo con terremoti eccezionalmente intensi. Negli scuotimenti del suolo di grado minore, quelli che non sono destinati a provocare il crollo, il nodo ben fatto conferisce rigidezza laterale al telaio e, quindi, la trasmissione degli sforzi tra le varie parti le quali, così, sono indotte a collaborare fra loro.

Alla luce di quanto si è detto sopra è da porre la massima attenzione nell’esecuzione dei nodi curando i particolari costruttivi. Negli edifici esistenti non è possibile, quando mancano i disegni esecutivi e salvo che non si proceda ad indagini strumentali ed all’effettuazione di saggi sulle strutture, appurare il tipo e le quantità di armature messe in opera. Il punto critico è quello dei nodi definiti non confinati, quelli cioè dove non avviene l’incrocio di quattro travi, una per ogni faccia del pilastro in cui si incontrano con i relativi ferri di armatura. I nodi non confinati non sono ammessi nella normativa tecnica attuale per le costruzioni da realizzarsi se non a particolari condizioni.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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