La scomparsa di Fratianni/ Una pittura che rimarrà nostra compagna
“Elisa, mia madre, impastava il pane con il lievito e, a forza di braccia, la pasta cresceva, cresceva… Io dipingo facendo crescere l’impasto cromatico per sovrapposizione di timbri. La vita, spesso, ha un spartito già scritto.” Scriveva così Domenico Fratianni in uno dei suoi “appunti di viaggio” raccolti nel suo fondamentale libro autobiografico “La luce negli occhi” (Palladino Editore). Che sullo spartito già scritto della sua vita si sia abbassato il sipario proprio a Matera, capitale europea della cultura, sembra un regalo del destino. Il suo cuore ha cessato di battere nel posto che meritava un artista del suo calibro. Una scomparsa paragonabile a quella di Giorgio Palmieri.
L’aprile scorso mi aveva scritto: “L’invito di tenere una personale nella capitale della cultura europea nello storico Circolo La Scaletta, in via dei Sette Dolori, mi rende molto felice”. Ne fui felice anch’io sapendo che quel Circolo è una specie di tempio dell’incisione calcografica, il modello di una “scuola-bottega” che Domenico avrebbe voluto replicare a Campobasso. Oggi siamo tutti affranti per la sua scomparsa ma di lui ci rimane la sua arte grande e difficile. E i suoi bellissimi appunti. Voglio piangerlo riportandone uno dal titolo “L’imbianchino pittore”.
“Serviva uno scenario per quel vecchio e improvvisato stanzone adibito a teatro. Servivano anche delle quinte che non furono mai realizzate. Fu chiamato un imbianchino che, per quanti sforzi facesse non riusciva a dar senso alla scena, Le case, gli animali le strade, il sole, cercavano di sistemarsi in quella grande tela rattoppata, senza mai trovare una sistemazione nello spazio prospettico. Tutto sembrava capovolto e provvisorio; e i colori, usati alla rinfusa, stridevano negli accordi tonali. Era il primo tentativo di espressione figurativa che mi era dato di vedere, eppure, fu un’illuminazione. Avevo trovato la mia compagna di vita: la pittura.” Grazie, Domenico, squisito, indimenticabile amico. La tua pittura rimarrà anche la nostra compagna.
Giuseppe Tabasso364 Posts
(Campobasso 1926) ha due figli, un nipotino e una moglie bojanese, sempre la stessa dal 1955. Da pianista dilettante formò una band con Fred Bongusto. A suo padre Lino, musicista, è dedicata una strada di Campobasso. Il Molise è la sua Heimat. “Abito a Roma - dice - ma vivo in Molise”. Laureato in lingua e letteratura inglese, è giornalista professionista dal 1964. Ha iniziato in vari quotidiani e periodici (Paese sera, La Repubblica d’Italia, Annabella, Gente, L’Europeo, Radiocorriere). Inviato di politica estera per il GR3 della RAI, ha lavorato a Strasburgo e Bruxelles, a New York presso la Rai Corporation e a Londra e Colonia per le sezioni italiane della BBC e della Deutschland Funk. Pubblicazioni: Il settimanale con Nello Ajello (Ediz. Accademia, Roma 1978); Facciamo un giornale (Edizioni Tuttoscuola, Roma 2001); Il Molise, che farne? (Ed. Cultura & Sport, Campobasso 1996); per le Edizioni Bene Comune; Post Scriptum, Prediche di un molisano inutile ( 2006); Gaetano Scardocchia, La vita e gli scritti di un grande giornalista (2008); Moliseskine (2016). In corso di pubblicazione Fare un giornale, diventare giornalisti, Manuale di giornalismo per studenti, insegnanti e apprendisti comunicatori.
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