La montagna partorisce un topolino
di Umberto Berardo
Una cinquantina di appartenenti ai comitati di base e a quelli di quartiere ma anche liberi cittadini si sono ritrovati martedì 30 luglio alle ore dieci, in via IV novembre a Campobasso davanti a Palazzo D’Aimmo per presenziare ai lavori del Consiglio Regionale del Molise sul tema monotematico della sanità. In realtà la seduta si preannunciava già una farsa non essendo stato depositato preventivamente da gruppi o da singoli consiglieri alcuna proposta organica di iniziative in merito al P.O.S. 2019-2021.
I commissari Angelo Giustini e Ida Grossi hanno declinato l’invito di Toma ad essere presenti ai lavori sostenendo che il documento da loro predisposto per il piano sanitario del prossimo triennio è ancora allo stato di bozza dimenticando essi che il confronto sull’esplicitazione dello stesso può e deve avvenire proprio in fase di elaborazione e non dopo la stesura del testo conclusivo. Tra l’altro il P.O.S. per il triennio 2019-2021 doveva già essere definito a inizio anno.
Come si arguisce chiaramente la metodologia di lavoro del Consiglio Regionale e dei commissari ad acta è davvero lontana da un serio paradigma di democrazia partecipata. La massima assise regionale era stata convocata per le 10,00 e a quell’ora è iniziato puntualmente il presidio dei cittadini. Incredibile a dirsi, ma come ormai accade sistematicamente, i lavori sono iniziati solo alle 11,45. Nella nostra esperienza crediamo nessuno di noi abbia mai potuto né voluto ritardare l’inizio della giornata lavorativa neppure di un minuto e questo in ragione di un principio etico oltre al rispetto della carta dei servizi, ma soprattutto delle persone cui era diretta la nostra attività.
Che i consiglieri regionali manchino totalmente di riguardo a cittadini in attesa e si presentino alla spicciolata aprendo i lavori dopo centocinque minuti è davvero molto grave ed è un’abitudine da sanzionare, oltretutto perché diseducativa nei confronti dell’opinione pubblica. Tra i manifestanti si sono infiltrati quelli che qualche giorno fa abbiamo chiamato gli incantatori di serpenti, soggetti trasformisti mai scesi in campo a difendere con chiarezza le esigenze sanitarie dei cittadini, sempre pronti a mistificare le proprie idee nascondendole dietro i silenzi o i “se” ed i “ma”.
Dopo posizioni manipolatorie sull’opinione pubblica e accordi di potere sul piano politico ed economico oggi non crediamo che tali personaggi possano avere alcuna credibilità. Dentro l’aula da maggioranza e opposizione solite promesse da miraggio, ancora illusioni su accordi di confine che languono da anni e dichiarazioni banali, generiche, limitate e settoriali senza alcuna linea chiara predisposta o definibile non diciamo per indicare le linee della futura rete sanitaria in regione, ma neppure per far fronte ai tanti danni già causati dalle gravissime carenze del servizio di emergenza-urgenza nelle malattie tempo-dipendenti.
In generale gli interventi in aula e le stesse proposte del M5S tendenti a rimodulare in parte la ripartizione del budget tra strutture pubbliche e private rivedendo l’extra-budget incontrollato non escono dall’idea di privatizzazione del sistema che tanti problemi sta creando ai cittadini. Impossibile poi attuare l’eliminazione delle prestazioni per la mobilità attiva perché sarebbe un boomerang per quella passiva che invece occorre ridurre migliorando le prestazioni interne. Dopo otto ore di seduta la montagna partorisce il topolino: si dà mandato al presidente Micone di istituire una commissione e di riconvocare i commissari ad acta.
“Campa cavallo ché l’erba cresce” direbbero i nostri contadini. Se una classe dirigente, pur in presenza di una gestione commissariale, non riesce a prospettare ai propri cittadini un’idea chiara di strutturazione del servizio sanitario sul piano della prevenzione delle patologie e non sa immaginare un modello di natura diagnostica delle stesse, la loro cura sul piano delle acuzie e una medicina territoriale con poliambulatori davvero efficienti, non possiamo illuderci più che essa possa avere una benché minima forza d’urto sul piano decisionale là dove davvero si prendono decisioni politiche.
D’altronde sappiamo che ormai da anni il Consiglio Regionale del Molise non riesce ad esprimere alcuna volontà decisionale sulla sanità il cui assetto viene deciso altrove. Se hanno voglia di stare davvero dalla parte dei cittadini, i consiglieri si uniscano a quanti cercano soluzioni praticabili per i problemi comuni nella regione che sta precipitando verso il baratro non solo sul piano sanitario, ma su quello demografico, culturale, economico e sociale.
L’abbiamo già scritto a chiare lettere alcuni giorni fa e lo ribadiamo: i cittadini che hanno a cuore il bene del Molise superino la settorializzazione dei diversi comitati localistici, cerchino il lavoro sinergico nella delineazione di linee d’indirizzo per il Piano Sanitario del prossimo triennio e facciano valere le loro ragioni con un’azione di lotta dura e ininterrotta che sia capace di bypassare le istituzioni locali e di porre le basi per un’interlocuzione con il governo nazionale. Quali sono in maniera schematica i principi di fondo da sostenere?
Ci sembrano del tutto evidenti:
1) Il dirottamento dei fondi sanitari unicamente per potenziare e rendere davvero eccellenti i servizi della sanità pubblica;
2) L’eliminazione del servizio intramoenia;
3) L’agevolazione nella diagnosi e nelle cure dei casi di maggiore gravità;
3) Una deroga al Balduzzi per un DEA di II livello a Campobasso capace di far fronte a tutte le acuzie;
4) Un’attività diagnostica con la nascita di Presidi Territoriali di Assistenza efficienti sul piano medico e infermieristico in grado di servire Comuni viciniori alleggerendo così l’intasamento dei Pronto Soccorsi;
5) Un servizio di guardia medica notturna e uno diurno di almeno otto ore con team di medici e infermieri operanti nelle diverse aree territoriali, ma anche diffusione di consultori e servizi pubblici di assistenza domiciliare e di riabilitazione soprattutto per diversamente abili ed anziani.
6) Un team di cittadini liberamente eletti che si occupino, costituiti in commissione, delle responsabilità pregresse, affianchino i dirigenti ASREM e ne controllino l’operato.
Noi oltretutto siamo convinti che il servizio sanitario debba uscire dalla regionalizzazione e tornare ad essere gestito dallo Stato rendendolo uniforme nelle prestazioni su tutto il territorio nazionale, sempre che si riesca a sconfiggere politicamente l’attuale idea di regionalismo differenziato cui poche menti critiche si oppongono con forza. Sono a nostro avviso presupposti necessari per costruire da noi, ma in generale ovunque, una sanità pubblica di eccellenza che sola garantisce ai cittadini servizi in ogni settore da quello dell’emergenza fino a quelli della cura e dell’assistenza.
I sistemi di pressione sulle forze politiche da parte di una popolazione di appena trecentomila abitanti sono stati da noi già indicati nell’articolo “Il disastro della sanità in Molise”. È chiaro che anche sull’operatività nella lotta di rivendicazione dei diritti i percorsi possono essere vari e diversificati in ragione del livello del confronto e delle necessità del momento storico cui ci si riferisce.
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