Frantic Fest, il carattere underground dell’Abruzzo

Ancora storditi dall’ondata jazz e revival en vogue in Molise, basta rivolgere lo sguardo al vicino Abruzzo per trovare alternative vere e proprie a quella che sembra diventata la Louisiana d’Italia, dove i festival si sovrappongono con meticolosa applicazione masochistica. Nonostante il forfait del Siren Festival di Vasto, a Francavilla al Mare, meno di trentamila abitanti, ecco un altro piccolo miracolo di programmazione underground che quest’anno compie quattro anni e che non ha intenzione di fermarsi. Il Frantic Fest, “creatura” di Davide Straccione, cantante di Zippo e Shores Of Null. Di seguito le sue parole.

Il festival è abbastanza giovane però si sta rinnovando nella continuità di uno spessore di proposta musicale lontana da quelle che sono le ultime tendenze, dai beach tour Jovanottiani alle piazze. E’ dura anche solo pensare di sopravvivere a tutto ciò, figuriamoci proponendo quanto di più agli antipodi ci sia dal mainstream.
Il Frantic è nato dal basso. Personalmente ho organizzato concerti a Pescara per oltre 10 anni, in tutti i locali dove si proponeva musica metal, punk rock, mai cover band. Ho visto tanti festival, ho osservato come organizzano le cose anche al di fuori dai confini nazionali, ho esperienza di tour. Nonostante un budget non paragonabile, una carenza nelle strutture, mi è sembrato opportuno dopo tanti anni di gavetta, fare qualcosa di più grande. E’ partito tutto molto gradualmente, da un gruppo di amici e da una struttura che ha appoggiato quest’idea, il Tiki Taka Village di Francavilla che di base è un centro sportivo, ma i gestori sono fan di musica alternativa e mi hanno dato carta bianca per organizzare il tutto.

Una realtà autoprodotta e nata dalla volontà di crescere che, a distanza di tre anni, ha già alle spalle un buon percorso.
Ovviamente la prima edizione è stata molto più piccola rispetto alla terza, abbiamo cercato di crescere gradualmente supportati dall’ottima risposta del pubblico. Ogni anno proviamo ad alzare l’asticella, proponendo qualcosa di maggiormente professionale: non ti nego che è difficile perché non abbiamo alcun tipo di sponsor.

Probabilmente Francavilla al Mare è uno di quei posti riconosciuti come meta turistica “per famiglie”, come ce ne sono tanti sui nostri litorali adriatici. Immagino che renderla base di un festival di musica “estrema” possa aver fatto discutere.
C’è stato un po’ di dibattito sì, ma per fortuna l’amministrazione comunale è dalla nostra parte. Francavilla d’estate forse è più viva di Pescara, ci sono tantissimi eventi che esulano da quello che facciamo, ma, ad esempio, solo quest’estate si sono esibiti i Negrita, Luca Carboni ed altri nomi importanti. C’è una programmazione e quindi un’amministrazione comunale attenta e alla quale fa piacere portare concerti di qualità. Chiaramente il Frantic è un evento privato però abbiamo questo appoggio dalle istituzioni che definirei encomiabile.

Immagino che qualcuno che abbia gridato a Satana ci sia stato.
I nostri vicini sono un po’ sul piede di guerra: i giorni del Festival si sbizzarriscono su gruppi Facebook mandandoci maledizioni anti-satanisti, ma abbiamo i permessi e tutto si svolge regolarmente.

Parliamo del bill, come avviene la scelta delle band?
Io sono il direttore artistico del Festival, mi occupo personalmente delle band e tutte quelle che faccio suonare mi piacciono però cerco di fare una scelta che non sia esclusivamente dettata da gusti personali, ma che possa comprendere tutte le varie sfaccettature nello spettro della musica che va dal punk al metal estremo passando per la psichedelia e l’elettronica: al Frantic puoi ascoltare un gruppo Grindcore e subito dopo la New Wave.

Questa completezza mi pare che sia un vero e proprio tratto distintivo.
Esatto, non vogliamo fossilizzarci su un genere ma aprire a tutte le sfaccettature della musica alternativa. Dipende anche dal contesto in cui proponi un discorso del genere, il Frantic è una situazione molto raccolta, per nulla dispersiva che favorisce questo flusso di suoni affini ma differenti, uno scambio continuo tra gruppi e persone. Tutto senza polemiche o contestazioni.

Quante persone potete accogliere?
Circa un migliaio di persone per ogni giornata. La mia previsione, in base a quello che sono le prevendite e ipotizzando un afflusso anche al botteghino, per questa edizione è di 800 persone al giorno. Negli scorsi anni ci siamo mossi leggermente sotto questa soglia.

Mi pare di poter dire che comunque i numeri sono in crescita.
Senza dubbio. Un buon risultato in termini di presenze legittima i nostri sforzi e ci permette di poter agire con più respiro per la prossima edizione.

Quanto dura il lavoro di programmazione?
E’ un impegno costante. Si parte ad ottobre con un primo giro di mail, cercando di capire la disponibilità di quelle band alle quali sei interessato. Avere più edizioni alle spalle è un bel biglietto da visita, siamo inseriti in vari database di agenzie di management e arrivano anche proposte per band straniere che in data secca costerebbero molto di più. Invece, quando è l’agenzia che le propone, vuol dire che sono in Italia o in Europa in quel periodo, sono in tour e hanno costi più contenuti. Cerco di scegliere bene anche tra queste proposte, valuto e costruisco la line up in base al budget. La nostra idea di programmazione ci impone di non avere riempitivi, non ci interessa la formula dell’headliner di richiamo e una sfilza di band di supporto che magari vengono a suonare gratuitamente.

Ho notato una concreta attenzione anche verso la scena musicale italiana.
Cerco sempre di inserire band italiane, anche qui seguendo il criterio del dare spazio a generi diversi per accontentare i gusti di tutti. Non vogliamo creare un evento settoriale, vogliamo arrivare a più persone.

Poi si passa all’allestimento vero e proprio.
E’ il passo successivo, ci sono le richieste delle band, la parte tecnica e quella logistica, gli spostamenti e l’ospitalità. Ci si ferma pochissimo dopo la chiusura del festival, gli aspetti da curare sono molteplici.

Perché Frantic? Probabilmente il pezzo dei Metallica non c’entra niente.
Frantic vuol dire dire frenetico, richiama la frenesia del genere musicale. Quasi 10 anni fa, insieme ad alcuni ragazzi che sono coinvolti tutt’oggi nello staff, creammo una sorta di serata a tema mensile che si chiamava “Frantic Factory” durante la quale si esibirono a Pescara diversi gruppi di richiamo come Cripple Bastards e Malevolent Creation: è stata la primissima esperienza nell’organizzazione di concerti un gradino superiori rispetto a quelli nel pub. Quando ci siamo ritrovati seduti a tavolino per scegliere il nome del festival ci è tornato in mente Frantic, richiamava anche Francavilla, funzionava bene.

Il festival può essere un momento di forte arricchimento culturale per le nostre comunità un po’ più provinciali che, anche attraverso la musica e il lavoro di persone come te, riescono ad aprire questa finestra sul mondo, progettando un orizzonte ritenuto impensabile in un primo momento.
Per noi è fondamentale il lato culturale. Paradossalmente ospitiamo tantissime persone dal Friuli alla Sicilia e dall’estero, mentre il pubblico locale partecipa di meno. Spero si rendano conto che non bisogna per forza andare fuori dall’Italia per trovare esperienze di qualità. Bisogna lavorare e programmare, ci vuole tempo, sacrificio, ma teniamo duro.

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Michele Colitti30 Posts

Nato a Campobasso nel 1985, ha studiato Media e Giornalismo presso l'Università "Cesare Alfieri" di Firenze. Collabora con la rivista "Il Bene Comune" dal 2010. Giornalista pubblicista dal 2014.

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