Ospedali in rete

di Francesco Manfredi-Selvaggi

I nosocomi non sono delle monadi, ma sono parte di un sistema complesso nel quale tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private, sono connesse fra loro.

Il sistema ospedaliero deve essere l’oggetto delle strategie sanitarie, non l’assetto di un singolo nosocomio; il limite delle discussioni che si sono aperte in quei comuni nei quali si teme il ridimensionamento dell’ospedale locale sta proprio nella mancanza della consapevolezza dell’interazione fra le varie strutture. Tale visione tutta centrata sull’ospedale del posto è un retaggio del passato quando per le cure ci si doveva rivolgere necessariamente all’istituto di assistenza sanitaria più vicino per la difficoltà negli spostamenti.

Solo per malattie particolari o particolarmente gravi si andava altrove, in centri più dotati. Esisteva, insomma, già allora una differenziazione tra gli organismi ospedalieri, tutti, comunque, di tipo sostanzialmente “generalista”. La definizione, però, più appropriata dello schema assistenziale è quella di “gerarchico” con a capo l’Ospedale Provinciale, quello di Campobasso che fino al ’73 è stata l’unica Provincia del Molise, e poi gli altri che erano, di zona. Siamo ancora lontani, come si vede, dal concetto di rete che sta a dire che i diversi nosocomi sono in collegamento tra loro; piuttosto che rete, ad ogni modo, è meglio parlare di reti, pur se le tratteremo separatamente.

La prima di queste reti è quella che si denomina ufficialmente dell’emergenza-urgenza. Essa è quella fondamentale in quanto è deputata a salvaguardare la vita umana nell’immediato. Il decreto ministeriale che fissa la classificazione degli ospedali nel 2015 si basa sull’esigenza di assicurare gli interventi emergenziali per far fronte alle patologie cosiddette tempo dipendenti. Le entità nosocomiali a tali fini sono suddivise, in relazione a questi stati patologici in hub e spoke, l’uno con funzioni di, provando a tradurre il termine, fulcro, il secondo, o meglio i secondi, in raggi.

Chi agisce inizialmente, cioè al momento dell’evento, è l’ospedale che fa da spoke il quale ha il ruolo di filtro medico che invia all’ospedale che fa da hub i pazienti più complessi. Nei presidi ospedalieri pubblici molisani la medicina d’urgenza è prevista non per tutti gli eventi che mettono a rischio l’esistenza i quali sono gli infarti, le ischemie, gli avvelenamenti e i traumatismi. Ad esempio si è attrezzati in ortopedia poiché i traumi sono maggiormente frequenti e meno in cardiologia (seppure si è estesa la dotazione di defibrillatori nei nuclei abitati), nelle crisi appoggiandosi per quest’ultima alla Cattolica così come per gi episodi di natura neurologica alla Neuromed.

È opportuno rimarcare la necessità di deroghe all’assunzione di medici e infermieri da destinare all’emergenza-urgenza, oltre che per la riduzione delle liste d’attesa. Il rapporto con i privati ormai costituisce un elemento essenziale nella sanità. La pianificazione sanitaria non riguarda esclusivamente le attrezzature pubbliche, ma deve ricomprendere pure i soggetti imprenditoriali che operano in questo campo in quel territorio. Non è vincolata alla proprietà la costruzione di una rete, altrimenti si smentirebbe la sua vera essenza che è quella di mettere insieme cose diverse.

Seguendo il modello proprietario non sarebbero ammissibili legami se non quelli tra pezzi dell’azienda sanitaria la quale è ramificata territorialmente. Invece del piano per regolare i rapporti con gli attori privati è opportuna la stipula di contratti con i quali essi mettono in comune al sistema competenze specialistiche non presenti nella sanità pubblica. È vero che si potrebbe ovviare ciò facendo accordi con le regioni confinanti che, però, finora non si è riusciti a concludere.

Nel D.M. 2015, citato prima, è stabilita un’equivalenza tra spoke e ospedale sede di Dea I livello e tra hub e ospedale Dea II livello che qui da noi, almeno per questa seconda parte, non è possibile istituire mancando tale tipologia di Dea (Dipartimento Emergenza e Accettazione) che, invece, è presente nei comprensori regionali prossimi al nostro i quali sono popolosi e, perciò, in grado di giustificarne la creazione. In mancanza è indispensabile la contrattazione con i centri privati (anche in considerazione del fatto che il pubblico ha difficoltà a attivare specialità ulteriori per la carenza di specialisti nel momento che stiamo vivendo e che non è immaginabile che la si possa recuperare con il personale medico a disposizione trasferendolo di reparto poiché figure come quelle dell’anestesista, del cardiologo o del neurologo non sono improvvisabili).

Finora abbiamo parlato di rete, ma i nosocomi hanno, sempre per il D.M. 2015, anche altri compiti, accanto a quello della partecipazione alla rete, imprescindibilmete legati a quella dell’emergenza-urgenza; il decreto stabilisce quali discipline obbligatoriamente ogni ospedale deve avere secondo precisi criteri relativi ai bacini d’utenza, alle distanze (che, peraltro, giustificano l’esistenza di “ospedali di zona disagiata” vedi quello di Agnone), ecc.. In qualche modo, vi è, per questo aspetto, una conferma delle scelte effettuate nei lontani anni 70, l’unica esperienza di piano riguardante le strutture ospedaliere che si è avuta nel Molise la quale ha portato alla costruzione degli attuali nosocomi distribuiti nei diversi ambiti sub-regionali con disuguaglianze in termini di numero di divisioni e di posti letto proprio per il numero di abitanti da servire (bacino d’utenza) e per le caratteristiche dei collegamenti in quell’area (distanze).

Un breve cenno, ora, ad una differente rete che sembra volersi affermare tutta all’interno della sanità privata la quale, per quanto osservato, occupa un posto decisivo nel segmento delle specialità. La Cattolica con la creazione di ambulatori a Termoli e a Cercemaggiore e la Neuromed con l’apertura di un punto di prenotazione nel capoluogo molisano tendono alla formazione di un network che ruota intorno al polo d’eccellenza. Niente di male salvo che non si formi un “cartello”.

Francesco Manfredi Selvaggi637 Posts

Nato a Boiano (CB) nel 1956. Ha conseguito la Maturità Classica a Campobasso e poi la laurea in Architettura a Napoli nel 1980. Presso la medesima Università ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Storia dell’Arte Medievale e Moderna e il Diploma di Perfezionamento in Restauro dei Monumenti. È abilitato all’esercizio della professione di Architetto e all’insegnamento di Storia dell’Arte nei licei e Educazione Tecnica nelle scuole medie. Dal 1997 è Dirigente, con l’attribuzione di responsabilità nei servizi Beni Ambientali (19 anni), Protezione Civile, Urbanistica, Sismica, Ambiente. Ha avuto un ruolo attivo in associazioni ambientaliste quali Legambiente Molise, Italia Nostra sezione di Campobasso e Club Alpino Italiano Delegazione del Molise. Ha insegnato all’Università della Terza Età del Molise ed è stato membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Campobasso, occupandosi all’interno dello stesso del progetto di Archivio dell’Architettura Contemporanea. È Giornalista Pubblicista e autore di articoli, saggi e del volume La Formazione Urbanistica di Campobasso. Le ultime pubblicazioni sono: «Le Politiche Ambientali nel Molise» (2011) e «Problemi di tutela ambientale in Molise» del 2014.

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